II Domenica Avvento anno C
Domenica scorsa abbiamo riflettuto su cosa significa celebrare il Natale: restare svegli e in attesa della seconda venuta del Signore nella Gloria. Oggi la Chiesa c’invita a preparare i nostri cuori alla solennità del Natale attraverso l’accoglienza e l’ascolto della Parola di Dio e a guardarci dentro noi stessi per preparare il nostro cuore.
Il vangelo inquadra in un contesto storico-geografico la figura di Giovanni Battista. Luca menziona sette personaggi (indicano la totalità) per indicare che la salvezza di Dio è per tutti e si realizza dentro tutta la storia umana, pagana e giudaica, profana e sacra, e non al di fuori di essa.  L’uomo non deve cercare un’altra storia se vuole trovare Dio. Quindi la salvezza si realizza anche nella storia personale di ciascuno di noi. Alcuni nomi di questi personaggi sono legati alla vicenda di Gesù: Erode, perché cerca di uccidere il bambino appena nato, mentre Pilato, Anna e Caifa appariranno durante la passione e morte di Gesù.
Da oltre 500 anni era cessata la profezia in Israele e la gente viveva in attesa del profeta promesso da Mosè (Dt.18,15; 1Mac.4,46; 14,41). Questa lunga attesa terminò con la venuta di Giovanni, che venne considerato da molti come se fosse lui il Messia atteso. Dio non si serve della voce dei grandi del mondo (Tiberio Cesare, Pilato, Erode, Filippo, Lisania), abituati a far tremare i sudditi con la loro parola imperiosa, ma di quella del Battista. La Parola di Dio non risuona, nel Tempio, nei palazzi regali dei potenti del mondo, ma nel deserto. Giovanni, figlio del sacerdote Zaccaria, (Lc.1,5), essendo il maschio primogenito avrebbe dovuto, come suo padre, essere sacerdote. Invece ha scelto di vivere nel deserto, cercando uomini e donne capaci di mettersi in gioco e accogliere il suo invito a iniziare un nuovo cammino.
Era l’anno 15° dell’Impero di Tiberio Cesare che corrisponde al 27/28 dopo Cristo. Una data precisa in  cui Giovanni il Battista riceve la Parola. Lui è la voce ed attraverso di lui parla la Parola. Quando la Parola si renderà visibile, la voce scomparirà. La voce di Giovanni è un grido nel deserto ed è una chiamata alla conversione. Il deserto più che un luogo geografico, è un luogo biblico, un luogo di forti esperienze spirituali (vocazione e alleanza, tentazioni e fedeltà…). In questo luogo dove l’uomo non può vivere, scende la Parola che fa vivere. È lì che il Signore parla al cuore dell’uomo.
È dal deserto, infatti, che avrà inizio la nuova strada sulla quale Dio vuole incontrare l’uomo. Il punto di partenza della salvezza non è Roma o Gerusalemme, ma il deserto, lontano dal chiasso del mondo. Giovanni il Battista ci invita nel deserto, nel silenzio, nel raccoglimento perché anche su di noi scenda la Parola di Dio. Dio non vuole cambiare il mondo con sconvolgimenti catastrofici, ma entrando nei cuori degli uomini, nel silenzio, per trasformarli. Andare nel deserto è entrare nel cuore di noi stessi.
Giovanni percorreva la regione del Giordano. Un luogo molto simbolico: lì Israele, dopo l’uscita d’Egitto e una lunga traversata nel deserto, entra nella terra promessa. Per chiarire la sua predicazione, Giovanni  utilizza un testo del profeta Isaia: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Per cui c’è lavoro da fare, per tutti: dobbiamo preparare, spianare, facilitare la strada necessaria per favorire l’incontro con Dio.
Sappiamo che l’Avvento è un periodo di preparazione e di attesa per celebrare il Natale. Ma viviamo in una cultura e in una società che corre, va veloce e quindi fa fatica ad attendere.  Se dovessimo coniugare il verbo “correre” risulterebbe: io corro, tu corri, egli corre… tutti siamo esausti. Siamo pieni di cosa da fare, di impegni e non abbiamo più tempo per niente. Occorre fermarci un attimo.
Ogni attesa è considerata una perdita di tempo. Invece, secondo la Bibbia, attendere è un impegno attivo, paziente, che trasforma la storia e la nostra vita: “Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati”. Si tratta allora di una attesa attiva e operosa. Ricevere la salvezza da Dio richiede la collaborazione dell’uomo.
Giovanni ci aiuta dettagliatamente a prepararci per ricevere il Signore che viene: quei monti da spianare, quei sentieri da drizzare, quei burroni da riempire non altro che gli ostacoli, paure, vuoti,  dubbi, ingiustizie, inganni, corruzioni, egoismo, ipocrisie, violenze, peccato che stanno tra noi e Dio.
Tocca a noi preparare la casa del nostro cuore alla visita del Salvatore, la cui salvezza è per tutti, senza esclusioni: Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”. Ogni uomo, ogni donna, anziano, bambino: Dio vuole salvare tutti e cercherà il modo di raggiungere tutti, e non si fermerà davanti ai burroni o le montagne, né davanti alla tortuosità, fragilità e debolezza del mio passato o ai cocchi della mia vita presente. Noi siamo invitati a facilitare questo incontro con Lui. Quindi l’Avvento è il tempo della preparazione, spalancare i nostri cuori, al Dio che viene, non perché siamo bravi, perché facciamo delle rinunce o perché siamo devoti, ma perché ci ama fino a condividere la nostra attuale condizione, la nostra storia.
La Parola, come è scesa su Giovanni nel deserto, scenderà anche nel nostro cuore arido e tortuoso.
È la Parola che, come presto celebreremo, si fa carne, uomo come noi: il Dio con noi.
La Parola che non parla dell’Amore, ma ama; non parla di dono, ma si dona.
La Parola che, se ascoltata e accolta, cambia la nostra vita e ci fa sentire amati.