Marcos 12,38-44 Dom. XXXII anno B
Oggi, due vedove anonime sono le protagoniste della Parola di Dio. Ed è lo sguardo di Dio a scovarle e ad indicarcele. Noi generalmente vediamo i potenti, invece Dio vede gli umili e bisognosi. Noi vediamo i ricchi e coloro che possono permettersi di sprecare, invece Dio vede la semplicità e generosità dei poveri.
La prima vedova abitava a Zarepta di Sidone, fuori dal territorio di Israele. Era intenta a raccogliere un poco di legna per cuocere l’ultimo pasto per sé e per suo figlio, e aspettare con fatalità la morte, quando il profeta Elia, uomo della Parola, le chiede accoglienza e del cibo. Questa vedova, senza mezzi di sussistenza, accetta di accogliere l’ospite straniero ed indigente, condividendo quel poco cibo che possedeva. Nel compiere gesti semplici di ospitalità, anche lei, donna pagana, compie la Parola e allo stesso tempo comunica, nel momento di prova, la vicinanza del Signore ad Elia. Dio premierà la sua generosità: ebbe olio e farina fino alla stagione delle piogge.
La vedova del vangelo getta nel tesoro del Tempio due monetine, tutto ciò che aveva per vivere, ciò che era necessario per il sostentamento di quello stesso giorno. Forse per noi, oggi, può sembrare un gesto insensato, incosciente. Perché dare tutto e rimanere senza di che vivere? Può Dio chiedere questo? E perché farlo per il Tempio, se Gesù, due versetti dopo, dirà che del Tempio non resterà pietra su pietra (Mc.13,2)?
Il tema fondamentale del Vangelo di oggi mette in luce il contrasto tra l’apparire/sembrare e l’essere. La fede appartiene alla dimensione dell’essere. Gli scribi vivevano la fede nella dimensione dell’apparire/sembrare. Essi giocano, nella loro relazione con Dio, mentre la vedova si gioca tutta la sua vita, perché ha visto che Dio è dono di sé infinito, in perdita, gratuito, senza calcoli. Per cui l’unico modo per incontrarlo è donarsi come Lui, offrirsi, perdersi in Lui. Invece chi è in cerca solo di essere ammirato e visto, finirà come il Tempio: desolato, inutile, senza vita e futuro.
La scena del vangelo si svolge nel Tempio, luogo della dimora di Dio, luogo per incontrare Dio, luogo dove il popolo “saliva” per vederlo. Ma gli scribi, in realtà, non vedono nessuno, perché troppo occupati nel farsi vedere. Tutto ciò che fanno, anche le loro opere religiose, non li portano al di là di se stessi. Rappresentano, nel vangelo di Marco, l’immagine contraria del discepolo/credente.
Infatti le loro manifestazioni comportamentali riflettono uno stile di vita teatrale, di recita esteriore. Gesù li definisce “ipocriti”, in quanto vivono una contraddizione tra quello che dicono e quello che fanno. Sono semplici commedianti. Recitano la fede, ma non la vivono. Vogliono solo farsi notare, “passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti”. Inoltre “divorano le case delle vedove”, cioè delle persone più povere e indifese della società di allora. Questo atteggiamento di voler sembrare/apparire, purtroppo, è diffuso anche nei nostri ambienti, in ogni ambito della vita politica, giuridica, finanziaria, sportiva… e anche religiosa.
L’offerta, anche se insignificante e di poco valore, della vedova non è una recita. È una privazione che diventa dono. Lei non ha rubato per donarlo poi a Dio, come facevano gli scribi (Sir 34,24: “Sacrifica un figlio davanti al proprio padre chi offre un sacrificio con i beni dei poveri”). Ogni discepolo/credente di Gesù è chiamato ad entrare nella logica dell’essere, a dare tutto ciò che gli è possibile, evitando l’atteggiamento di apparire/sembrare.
Le parole di Gesù ci invitano a cercare l’essenziale per la nostra vita, a ciò che ci permette di approfondire una relazione autentica con il Signore. Può succedere, invece, che anche nelle nostre chiese, luogo dove si dovrebbe celebrare la fede pubblicamente, si è troppo interessati allo sguardo altrui, al ritualismo e formalismo, perdendo di vista l’essenzialità.
Quindi, mi sembra, che il vangelo di oggi non sia un invito ad essere più generosi (elemosina) nei confronti del Tempio. Piuttosto a rivedere le nostre celebrazioni e i nostri modi strani di vivere il rapporto con Dio, con la sua Parola e con la stessa comunità/chiesa.
Di fatto, Gesù commenta sia il comportamento degli scribi, ma anche quello dei ricchi che si recano nel Tempio per farsi vedere ed esibirsi nel dare le loro offerte. È il loro modo di abitare il Tempio. Non è sufficiente frequentare il Tempio, ne fare offerte abbondanti per essere graditi a Dio. Per questo Gesù indica la vedova come modello di vita e di fede. Gesù non è interessato alla quantità dell’offerta, ma a quante lacrime, rinunce, a quanta vita e speranza vi sono in quei due spiccioli della vedova. Perché lei, dando tutto ciò che aveva, dona se stessa, confida in Dio che certamente avrà cura di lei. Il suo è un gesto secreto tra lei e Dio: mette la sua vita nelle mani di Dio.
Cosa sia successo poi a quella vedova, non lo sappiamo: rimane anonima, ma possiamo cogliere la grandezza del suo cuore. Ed è ciò che conta davanti a Dio. Quindi, il Signore si aspetta da noi non soldi o cose, ma l’offerta di noi stessi, le nostra capacità e talenti messi al servizio per gli altri, la disponibilità a seguirlo con fiducia ogni giorno.
Questa vedova rappresenta il modo di agire di Dio: per avvicinarsi all’uomo non ha offerto il superfluo, ma “svuotò se stesso” per donarsi totalmente a tutti (Fil. 2,7-8; 1Cor.12,6). Con l’incarnazione di Gesù, Dio non ci ha donato qualcosa di se stesso, come un poco di vita, di grazia, di partecipazione della sua gloria, ma si è dato “tutto in tutti” (1Cor.15,28).
Lo sguardo di Gesù nel Tempio ha colto nell’offerta della vedova lo scoccare della sua ora. Il gesto della vedova anticipa ciò che Gesù realizzerà qualche giorno dopo sulla croce: offre al Padre tutto di sé, tutta la sua vita per la nostra salvezza.  Impara dalla vedova a donare tutto.
Il modo visibile di agire di Dio, non sono le autorità religiose, farisei e scribi, che ufficialmente lo rappresentavano, ma una donna, che apparteneva alla categoria degli emarginati e impoveriti di quell’epoca: orfani, vedove, stranieri, bisognosi. Dio assume l’immagine di una donna, perché è l’emblema del servizio gratuito, del servizio che si trasforma in amore (lavanda dei piedi).
La Parola di oggi ci invita a “guardare dentro di noi” per capire chi siamo agli occhi di Dio e come viviamo, in ogni circostanza della vita, la nostra fede in Lui.