Mc. 7,1-8.14-15.21-23 Dom. XXII Anno B.
Per sei domeniche abbiamo meditato il lungo discorso sul “pane di vita disceso dal cielo”, una catechesi sull’Eucarestia, che terminava con la domanda di Gesù rivolta a coloro che volevano abbandonarlo: “Forse anche voi volete andarvene?”.
Da questa domenica ritorniamo a leggere il vangelo di Marco con una polemica tra Gesù e le autorità religiose, venute da Gerusalemme (percorsi Km.140) riguardo al fatto che i discepoli “prendevano cibo con mani impure”. Accusano Gesù di non rispettare la distinzione tra sacro e profano, tra puro e impuro, secondo “la tradizione degli antichi”.  Essi non si rivolgono mai direttamente a chi sbaglia: interrogano i discepoli se è Gesù che sbaglia e viceversa. I discepoli hanno preso in mano il pane con le mani sporche, mentre quelli che le avevano pulite, giudicano, condannano.
La loro accusa può sembrarci ridicola, legata a una serie di problemi che oggi, per noi, non hanno più significato. Ma nella comunità di Marco esisteva il problema tra i cristiani provenienti dal giudaismo (osservanti della legge) e i cristiani provenienti dal paganesimo.
(Osservando certi riti di altre religioni, ci sembrano ridicoli. Forse noi non ci accorgiamo che gli altri, considerano ridicoli i nostri riti. I riti sono l’espressione della nostra fede. Se non riusciamo a dare un senso ad essi, significa che stiamo facendo del ritualismo vuoto e inutile. Spesso facciamo un rito senza capirne il significato, ed ugualmente ci sentiamo a posto con Dio.  Cfr. acqua nel vino; lavaggio mani del sacerdote…).
Secondo i Giudei, Mosè sul Sinai aveva ricevuto due tipi leggi: una, quella scritta, e l’altra, quella orale (che aveva lo stesso valore di quella scritta). Quella orale si chiamava la tradizione degli antichi e aveva lo stesso valore di Parola di Dio.
I Giudei si consideravano il popolo consacrato da Dio (popolo dei separati, cioè dei santi), mentre tutti gli altri popoli erano considerati profani, cioè non in comunione con Dio.
Ma anche all’interno dello stesso popolo d’Israele, i Farisei facevano distinzione tra persone sante e quelle profane: santi erano coloro che osservavano fedelmente la Legge; gli altri che non lo facevano, erano fonte di contaminazione (vedi i pastori, i lebbrosi, i poveri). Quindi per un Fariseo entrare in contatto con un pagano significava perdere la sua santità e l’unione con Dio.
Per cui bisognava prendere delle precauzioni, specialmente con gli alimenti o altri oggetti, che potevano essere stati toccati da persone, la cui osservanza era incerta. Di conseguenza, prima di mangiare, per esempio, era meglio lavarsi ritualmente le mani (non era questione igienica o di coronavirus).
Le norme di purità (Esodo) erano state stabilite per i sacerdoti, affinché potessero essere puri prima di entrare in contatto con Dio attraverso il culto. Con il tempo queste norme minuziose di purificazione erano state imposte anche a tutto il popolo.
Mettere in discussione questa mentalità, significava eliminare la distinzione tra Israele e gli altri popoli, tra le persone “sante/consacrate” e i pagani. La frontiera tra il sacro e il profano era, quindi, quella che consentiva a Israele di sentirsi un popolo scelto, diverso e superiore ai pagani.
(Anche oggi, sotto altri aspetti, esiste una mentalità separatista tra i popoli: il 1°, 2°, 3° e 4° mondo. Differente è la  vita e la storia vista dal 1° che dal 4° mondo. Ma chi ha diviso il mondo o i popoli in queste fasce? In base a che cosa ci consideriamo gente del 1° mondo? Dio ama i suoi figli alla stesso modo, non fa discriminazioni. Dal punto di vista della misericordia, giustizia, pace, diritti umani, amore, Dio ci considererà gente del 1° o del 4° mondo?).
Marco sente il bisogno di spiegare alla sua comunità e ai suoi lettori, questa ossessione dei giudei nel compiere oblazioni di purità prima dei pasti, perché ogni volta che i Giudei e i pagani si sedevano a tavola insieme, sorgevano sempre discussioni.
Cosa intendeva Gesù per mani pure e mani impure? Nella Bibbia, le mani indicano l’agire dell’uomo, le sue opere. Le mani possono servire per dare vita (bene) o dare morte (male). Allora cosa rende impure le mani? Forse toccare un oggetto, seppellire un morto, sfiorare un pagano o un ammalto?
Per i Farisei la santità si manifesta evitando tutto ciò che trasmette impurezza, da ciò che è pagano. Per questo erano ossessi nel compiere continue purificazioni prima di mangiare, per essere sempre puri.
Per Gesù sono pure le mani (e quindi possono toccare il pane che è dono di Dio) non quelle lavate con l’acqua, ma le mani che hanno dato da mangiare e bere, che hanno vestito gli ignudi, toccato gli ammalati. Ciò che ci purifica non è il rito, ma le opere per il bene del prossimo, la vita che diffondiamo attorno a noi. Impure sono invece le mani che diffondono opere di morte.
Gesù, citando Isaia, considera i Farisei, persone “ipocrite”. L’ipocrita è l’attore, un commediante che lavora al teatro mettendosi una maschera (un analfabeta diventa filosofo, un contadino un medico specialista…). Per lui i Farisei sono attori di culti religiosi inutili che non interessano a Dio, perché il loro cuore, mente e intenzioni sono lontani da Dio: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me”.
Gesù è preoccupato che i suoi discepoli si lascino prendere dall’osservanza di tradizioni, norme, riti, precetti umani, rischiando di perdere di vista l’essenziale, cioè ciò che rende realmente impuro l’uomo (Es.1° Comunione: ci si preoccupa per il pranzo, la festa, le foto, i guanti bianchi, i regali…ma non sempre i genitori si interessano se i loro figli sono preparati, se poi continuano a vivere con fede. Anche nelle nostre comunità, spesso si difende il tradizionalismo: “si dice così o si è fatto sempre così”. Occorre capire quale spirito motiva le nostre opere).
Gesù: “Ascoltatemi tutti e comprendete bene”. L’impurità non viene dal di fuori, ma dal cuore. Quindi elenca 12 comportamenti che rendono impuro l’uomo. Nessuno di questi comportamenti riguarda direttamente il culto a Dio, ma la distruzione della vita del prossimo.
Sarebbe interessante analizzare ognuno di questi comportamenti che ci allontanano da Dio, ma mi soffermo sull’ultimo: la stoltezza/stupidità (a nessuno viene in mente di confessare questo atteggiamento).
Stolto è colui che imposta la sua vita su valori sbagliati. È colui che vive per sé, per il proprio interesse, senza accorgersene del bisogno degli altri e alla fine ciò che ha accumulato gli viene requisito (Cfr. ricco che allarga i magazzini; costruire la casa sulla sabbia; le 5 vergini stolte).
Tutti questi comportamenti che rendono l’uomo impuro, non vengono purificati lavando le mani con l’acqua. È il cuore deve essere purifico, attraverso la Parola di Dio. Ce lo dice pure San Giacomo (2° lett): “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendovi voi stessi. Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni”.  Orfani e vedove erano due categorie di persone “deboli, povere” di quel tempo. Oggi non è difficile trovare l’equivalente di quelle due categorie nel nostro mondo, nella nostra società.
Oggi, Gesù ci invita a fare un “elettrocardiogramma”, cioè fare un esame del cuore, guardarci dentro, affinché la decisione di seguirlo non si limiti a semplici osservanze religiose esteriori ed ipocrite che non cambiano la nostra vita e la nostra società, ma che, anche noi, ci lasciamo “mangiare” dagli altri come lui ci ha insegnato attraverso il discorso del pane disceso dal cielo. Ci invita a non lavarci le mani dalla sofferenza, ingiustizia, fame, discriminazione, povertà di molti nostri fratelli, ma a sporcarci le nostre mani come lui ha fatto con noi, offrendo persino la sua stessa vita per noi.