La tempesta calmata.   XII Dom Anno B
Dopo una giornata, nella quale Gesù aveva predicato il regno di Dio attraverso delle parabole, invita i suoi discepoli a passare “all’altra riva”, cioè nel  territorio pagano. Era sera quando Gesù e i discepoli partono in barca. Gesù stanco si mette a dormire a poppa. Il mare era calmo, ma improvvisamente scoppia una tempesta di vento, agitando fortemente le onde del mare.
Secondo la mentalità ebrea e dell’A.T. il MARE simboleggia il caos primordiale e il disordine cosmico, pericoloso per l’uomo e assolutamente indomabile: per questo la tempesta notturna richiama il dramma dell’umanità turbata e minacciata dal potere del male.
Nella prima lettura Dio ricorda a Giobbe che solo la sua potenza ha potuto segnare i confini del mare (e quindi al male). Nel vangelo, Gesù mostra lo stesso dominio è potere di Dio sul male.
È facile immaginare l’agitazione e la paura che sperimentarono i discepoli, quando la barca veniva sballottata dalla onde; l’acqua entra da tutte le parti: essi percepiscono un inevitabile tragedia, sebbene  erano persone esperte del lago. È a rischio la loro vita.
Una scena contraria a quella del Gestmani (Mc.14,32-42). Qui, sul lago, Gesù dorme, i suoi discepoli lottano con la paura di perdere la vita a causa della tempesta, mentre egli è con loro nella stessa barca. Nell’orto del Getsemani, Gesù in agonia lotta con l’angoscia di dover morire, mentre i suoi discepoli dormono, incapaci di vegliare un’ora con lui, nonostante che pere tre volte li abbia vegliati dal sonno.
A rischio è stata anche la nostra vita durante quel periodo di maggiore contagiosità del Coronavirus, del quale stiamo soffrendo ancora le conseguenze. È stata un’improvvisa tempesta che si è abbattuta su tutti i continenti e che ci ha fatto sperimentare la nostra fragilità, vulnerabilità, impotenza.
Sicuramente molte persone hanno cercato e invocato la presenza del Signore, come avevano fatto i discepoli, pieni di paura e disperazione, che lo hanno svegliato dicendogli:  “Maestro, non ti importa che siamo perduti?”.
Nella Bibbia (Giobbe, Salmi ed alcuni episodi), di fronte ai drammi dell’umanità, all’imperare del male troviamo espressioni con lo stesso ritornello: “Destati, svegliati per il mio giudizio, per la mia causa, mio Dio e Signore!” (Ps.35,23); “ Svegliati! Perché dormi, Signore? destati, non respingerci per sempre!” (Ps.44,24; cfr Ps7,7; 59,5; 78,65), perché talvolta il Signore sembra assente o silenzioso, quasi addormentato.
Quante volte queste stesse frasi le abbiamo sentite sulle labbra di ammalati terminali, di persone che piangono la morte di persone care, di mamme private dei loro figli, quante volte le abbiamo pensate anche noi davanti a disgrazie naturali che hanno causato morte e disperazione a migliaia di persone, o di fronte a uomini che hanno potuto uccidere crudelmente migliaia di persone. Perfino il Papa (2016) quando ha visitato il campo di concentramento di Auschwitz, ha detto: “Signore dov’eri?”.
A volte Dio ci sembra addormentato sulla barca che sta facendo acqua da tutte le pari, che non gli importi nulla di noi quando non interviene nei momenti difficili e oscuri della nostra vita: è il momento della croce, del silenzio del sabato santo, del sonno di Cristo nel sepolcro.
Lo stesso Gesù, che ci ha promesso di essere con noi ogni giorno della nostra vita, sembra distaccato dalle nostre sofferenze e prove.  Ma non è vero. Siamo noi che abbiamo dimenticato che Gesù si è imbarcato nella nostra vita, che Lui il male lo ha vinto, che lo ha già crocifisso con se stesso sulla croce.  Se Gesù dorme tranquillo non è perché se ne lava le mani, ma perché sa che Dio anche in mezzo alle tempeste non abbandona l’uomo e vuol provocare quel piccolo atto di fede, magari anche dettato dalla paura, che gli permetta di poter agire. Tocca a noi gridare: “Maestro, non ti importa che siamo perduti?” .
I discepoli cercano  e supplicano Gesù perché si aspettano di essere salvati da lui: quindi si fidano di lui. Ma dimostrano anche  poca fede perché lo ritengono distratto, non padrone della situazione e non impegnato in loro soccorso; hanno l’impressione di dover far tutto loro, mentre lui “dorme”.
Una volta destatosi, Gesù minacciò il vento e il mare: “Taci, calmati”. ”. Parole usate per esorcizzare e guarire l’indemoniato (1,25). Nelle difficoltà naturali della vita, il nemico agisce mediate la paura e la sfiducia. La Parola di Gesù ha il potere di ammansire le forze demoniache, rappresentate dal vento e dal mare (simbolo dell’instabilità, dell’abisso, dello smarrimento, del caos).
Haring: “Dov’è il diavolo? Il diavolo è il pessimismo. Abbandonarsi all’angoscia che diminuisce la energie, il credere che il male vincerà, l’aspettarsi sempre il peggio: ecco come il diavolo oggi tenta i deboli e s’identifica con le forze negative della storia. E purtroppo ha molti alleati. Sono coloro che sanno solo lamentarsi, e nulla fanno per scoprire le forze positive, per comprendere la lotta che nel mondo contemporaneo si compie contro gli spiriti maligni personificati nella violenza e negli abusi di autorità”.
E ai discepoli dice: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. La paura è contraria alla fede.
La fede è fidarsi della potenza della sua Parola. Non è fede per chi, avendo rischiato tutto per Cristo, non si sente sicuro e tranquillo quando Lui tace, quando lui “dorme”.
Se la nostra fede non dormisse, anche Gesù rimarrebbe sveglio e agirebbe nella nostra vita. Dopo che il contadino ha gettato il seme nella terra (anche se sembra infertile), ha fiducia nella forza del seme, è sicuro che farà un buon raccolto. Il seme, nascosto nella terra, rappresenta Gesù che dorme.
Sebbene ci sembri che Gesù stia dormendo, in realtà lui è li presente: aspetta che lo svegliamo con la nostra fede agitata da tante tempeste. Sembra che stia dormendo, ma è lì pronto a intervenire per dire: “Taci, calmati”, per ridarci di nuovo la speranza e la serenità del cuore.
La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia (Ghandi)