Gv.2,13-25 III Quaresima B
La notizia si era sparsa a macchia d’olio.  Nelle case e nelle viuzze della città, tutti ne parlavano: sia i 40.000 abitanti di Gerusalemme che gli oltre 80.000 pellegrini arrivati per le festività. Ognuno interpretava “l’incidente” provocato da Gesù, ma non tutti ne coglievano la novità. Si domandavano come avrebbero potuto celebrare la Pasqua, senza la possibilità di comprare e sacrificare un agnello.
Nel Tempio i venditori e cambisti erano disorientati e infastiditi per le loro perdite economiche: venivano immolati fra i 18 e i 20.000 agnelli (Flavio Giuseppe), il cui prezzo aumentava in occasione dell’avvicinarsi della festa pasquale. Non era mai successo qualcosa di simile. Le autorità religiose si sentivano minacciate e cercavano il modo di rimediare e trovare urgentemente una soluzione.
Il Tempio, o meglio la banca più grande di tutto il Medioriente (2Mac.3,6: “il tesoro di Gerusalemme era colmo di ricchezze immense, tanto che l’ammontare delle somme era incalcolabile”) era stata contestata; la pratica del culto minacciata; il rapporto con Dio messo in discussione.
Si commentava che un certo Gesù di Nazareth (nei sinottici questa scena viene collocata prima della passione di Gesù, mentre Giovanni all’inizio, subito dopo le nozze di Cana dove ha instaurato una nuova alleanza tra Dio e l’umanità) avesse fatto una “frusta di cordicelle” (nel Tempio era proibito introdurre bastoni e armi) e avesse cacciato tutti i cambiavalute e i venditori di buoi, pecore e colombe dal Tempio perché diceva “non fate della casa del Padre mio un mercato”, incominciando così a svelare la sua identità di Figlio di Dio.
Secondo il Talmud, la venuta del Messia, con in mano un flagello, avrebbe fustigato i vizi e le pratiche malvage. Sulla stessa linea anche il profeta Zaccaria (14,21) che aveva annunciato la venuta di un giorno in cui, nella casa del Signore degli eserciti, non ci sarebbe stato neanche un mercante, perché non c’era più bisogno di comprare oggetti sacri per i sacrifici dal momento che tutto sarebbe stato sacro. Quindi con questo gesto Gesù dichiarava apertamente che il Messia era in mezzo a loro.
Gesù si scaglia soprattutto contro i venditori di colombe, perché questi animali erano utilizzati per gli olocausti propiziatori (Lv.1,14-17), nei sacrifici di espiazione e di purificazione (Lv.12,8;15,14.29), che rappresentavano l’offerta sacrificale dei poveri (vedi Giuseppe e Maria). Quindi essi, vendendo colombe, commerciavano la riconciliazione con Dio per denaro, sfruttando i poveri.
Gesù si scaglia contro coloro che rendono il luogo di preghiera uno spazio in cui gestire i propri affari, arricchire le proprie tasche: ieri come oggi. Anche Papa Francesco ha invitato ad abolire il “commercio” dei sacramenti, eliminare i tariffari: è un mercato ancora presente, a volte, anche nelle nostre chiese e attorno ai santuari.

Il Tempio, luogo dell’incontro con Dio, aveva perso la sua funzione: era diventato un luogo di commercio, di affari, dove regnava l’idolo del denaro. Il luogo in cui Dio avrebbe dovuto manifestare la sua gloria, il suo amore fedele per ogni uomo, si è trasformato in un luogo di lucro. Eppure Dio aveva messo come primo comandamento: “Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altri dei di fronte a me” (I Lettura). Gesù in un’occasione dirà “non potete servire Dio e Mammona” (Mt.6,24)
Inoltre il Tempio era diventato un luogo dove si “scremava” la possibilità alle persone di avvicinarsi a Dio. Nell’ampia spianata del Tempio potevano entrare tutti, anche i pagani. Ma non tutti potevano accostarsi al Santuario, perché alcune barriere bloccavano prima l’accesso ai pagani e agli impuri (ciechi, zoppi, i gobbi, i paralitici, i lebbrosi, i nani, i pubblicani…insomma tutti coloro che non potevano fare un’offerta a Dio se non la propria miseria e fragilità), poi le donne, alle quali era riservato un apposito cortile. Solo gli uomini potevano avvicinarsi alla parte accanto al Santuario, dove c’era l’altare per le offerte, per i sacrifici e gli olocausti. Nell’Atrio del Santuario potevano accedere solo i sacerdoti, mentre il sommo sacerdote, una volta all’anno, poteva entrare nel Santo dei Santi, dove risiedeva la gloria di Dio. Una struttura gerarchica che rifletteva un’immagine di Dio esclusivo, lontano, intoccabile, esigente.

Si diffondeva, piano pano, l’opinione di alcuni pellegrini, che avevano assistito alla scena, circa l’intervento di Gesù: ha dato inizio a un nuovo modo di rapportarsi con il Signore, non più basato sui riti sacrificali. Dio non vuole essere “pagato” per darci la salvezza.  Non è un datore di lavoro che propone un contratto basato sul “do ut des”. Veniva loro alla mente l’avvertimento di alcuni profeti: non basta accedere al Tempio e offrire sacrifici per essere graditi a Dio, ma occorre obbedire a Lui e praticare giustizia, rettitudine, solidarietà. Altrimenti sarebbe un culto vuoto, ipocrita, di facciata.
I Giudei, scandalizzati, pretendendo prove che legittimassero quel gesto: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Gesù offre loro il segno della sua risurrezione: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Li sfida ad eliminare quel tempio che è lui stesso: essi lo uccideranno, ma non riusciranno a distruggerlo. I Giudei non compresero le sue parole perché pensano al Tempio come edificio, come sistema finanziario e non come luogo della presenza di Dio. Lo “zelo” (Ps 68,10), ricordato dai discepoli circa il gesto di Gesù, è una vera profezia sulla morte del Messia: “lo zelo del Tempio distruggerà Gesù e lo porterà alla morte” (Brown).
D’ora in poi l’unico tempio è il corpo di Cristo glorificato. Gesù è il santuario della nuova alleanza, luogo dell’incontro con Dio, che ci parla, ci perdona, ci ama, ci fa figli suoi, ci offre la salvezza. Il sacrificio che Dio gradisce è il nostro cuore docile all’ascolto, è l’obbedienza ai suoi comandamenti.
I sacrifici di animali sono finiti per sempre, Gesù è la vera vittima del sacrificio: sacrificio secondo Dio, infatti, è “dare la vita per gli altri” (cf. Gv 15,13) e “offrire il proprio corpo per amore” (cf. Rm 12,1). Dio non chiede più sacrifici, ma in Gesù sacrifica se stesso per noi, per amore e gratuitamente.
Il vangelo di oggi ci invita a passare da una religiosità esteriore e vuota (pratiche, riti, giaculatorie slegate dalla vita quotidiana), a un abbandono fiducioso in Dio attraverso l’ascolto della Parola. Inoltre ci invita a cacciare i “mercanti” presenti nel nostro cuore. San Paolo diceva che siamo il tempio di Dio (1Cor.3,16). Sono quei mercanti che ci propongono di vivere per il guadagno, gli interessi, approfittare degli altri e a credere in un Dio in termini di legge, di obbligo, di doveri, di paga, di castigo e di premio se facciamo opere buone. Un Dio che ha aperto con noi un conto di dare e avere. Siamo invece invitati ad accogliere la salvezza come un dono gratuito di Dio, attraverso Gesù.
C’è un rischio: come il giorno seguente dopo il gesto di Gesù nel Tempio, le attività commerciali sono riprese normalmente, può succedere lo stesso a tutti noi, cioè di continuare le nostre quotidiane attività, dimenticandoci di questo Vangelo che ci è stato donato.

               

Autori consultati: Armellini, Brown, Fausti, Farinella, Zan e altri.