28 dicembre 2025 – Santa famiglia / a

Per il mistero dell’incarnazione Dio assume la nostra natura e, come tutti noi, entra nella storia, gradualmente, come un bambino che cresce all’interno di una famiglia umana. Accogliendo Gesù, mettendolo al centro della loro vita, Giuseppe e Maria senza accorgersene diventano una cosa sola, agiscono in perfetta sintonia. La santa famiglia diventa così la prima cellula di una umanità nuova che Gesù voleva appunto diventasse “una cosa sola”. C’è un senso sponsale in questo diventare una cosa sola che richiama appunto l’amore con il quale il Figlio di Dio assume coì radicalmente la nostra natura umana da diventare una cosa sola con noi.

Per questo San Paolo invita tutti a rivestirsi di Cristo e dei suoi sentimenti. Rivestirsi, aggiunge, significa accorgersi di essere nudi e quindi metter al di sopra di tutto, di ogni interesse o preferenza, l’amore che conduce a perfezione tutte le altre qualità della persona. Dopo l’incarnazione l’amore umano è sostenuto da una energia divina unificante che fa crescere in quella rassomiglianza con Dio che il peccato aveva distrutto. La famiglia, proprio come a Nazareth, diventa il luogo privilegiato dove lentamente, gradualmente la persona viene aiutata non solo a crescere ma appunto a rivestirsi di Cristo, ad assumere i suoi sentimenti.

Questo è possibile a partire da quella certezza di fede che sosteneva Maria e Giuseppe nel loro pellegrinaggio. La certezza che il bambino di cui si prendevano cura era davvero il Dio con noi e che la sua presenza in mezzo agli uomini dava compimento alla volontà di Dio. Per questa fede San Paolo poteva ammonire i cristiani: la pace di Cristo regni tra voi, faccia da arbitro nei vostri cuori; la sua Parola abiti con abbondanza nei vostri cuori; tutto ciò che fate e dire fatelo come per il Signore, come se Lui fosse presente tra voi. E questa sua presenza è così reale da poter trasformare, quasi per osmosi, un modo nuovo di amare e di sentire, caratterizzato da compassione, tenerezza, gentilezza, umiltà, mitezza e pazienza.

L’amore che caratterizza ogni convivenza umana e che è normalmente preservato dalla reciprocità di interessi viene chiamato a trasformarsi nella reciprocità del dono. Per questo San Paolo può dire: sopportatevi a vicenda, perdonatevi a vicenda se qualcuno avesse di che lamentarsi, insomma, accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo ha accolto voi. Se questo modo compassionevole e tenero di amare non si afferma così facilmente è perché, realisticamente, la natura umana, dentro e fuori di noi, spinge in senso esattamente contrario. Quell’Erode che vuole uccidere il bambino si perpetua nella storia dell’umanità in tutte quelle forze contrarie alla vita e all’amore che di essa si prende cura, quindi contrarie alla famiglia. Il Vangelo descrive i primi passi della santa famiglia nel mondo, non come l’idillio di certe pubblicità, ma come un esercizio faticoso di sopravvivenza.

I quattro imperativi che l’angelo rivolge a Giuseppe – alzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi lontano, rimani in attesa fino al tempo opportuno – implicano uno sforzo, una fatica, fisica e psicologica. Quando Paolo chiede alle spose di essere sottomesse ai mariti e a questi di amare e prendersi cura delle proprie mogli, ai figli di obbedire in tutto e ai genitori di non inasprite i figli, egli sta chiedendo di accettare che l’amore esiga la stessa fatica, un piccolo sforzo quotidiano di autolimitazione piuttosto che di affermazione di sé, di apertura all’altro piuttosto che di chiusura nel proprio egoismo. Ogni famiglia deve infatti ricominciare ogni giorno un cammino al buio di cui non vede subito il frutto, ogni giorno deve imparare di nuovo a “prendere con sé l’altro”, cioè ad accoglierlo con una cura generosa, deve cercare vie di fuga ai tanti pericoli che l’assalgono e deve spesso accettare di rimanere a lungo e pazientemente in situazioni precarie e difficili finché esse non si schiariscono. Possiamo accettare questa fatica a volte eroica di amare proprio a partire dal mistero grande del Natale, il mistero del Dio con noi.