Natale 2025 – Messa del giorno

Il Vangelo di oggi riporta al centro della nostra attenzione e della nostra preghiera il grande mistero del Natale. Tutto ciò che è accaduto nella piccola Betlemme non è tanto un inizio quanto piuttosto il punto di arrivo di un disegno di amore che nasce nel cuore di Dio prima di tutti i secoli e si compie nel cuore di ogni uomo ad ogni istante, nel momento in cui questi lo accoglie con fede. Dalla sua pienezza, dice il vangelo, noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. Ciò significa che ancora continuiamo a ricevere. Grazia su grazia. Una sorta di stillicidio di amore che lentamente impregna la nostra povera natura umana dando a noi un potere che non avevamo. Quello di diventare figli di Dio, di partecipare alla vita divina.

Questa è grazia pura, poiché quello che chiamiamo Emmanuele, il Dio con noi, originariamente non era con noi, ma con Dio stesso. Nel suo amore accondiscendente, colui che era presso Dio, si è fatto così vicino, così simile a noi, da poter essere annunciato, Lui che era la luce che illumina ogni uomo, dal battista, da uno come noi che non era la luce. In Gesù, continua il vangelo, era la vita stessa e la vita è la luce degli uomini. La luce di Dio, dunque, con l’incarnazione diventa coestensiva con la vita, con tutta la vita del mondo, perché tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui. Ciò significa che questa vita divina e spirituale che è all’origine della creazione non ci raggiunge dall’alto, come un miracolo straordinario, ma si pone, per usare un’espressione di don Giussani, alla radice di tutto ciò che è materiale. Lo vivifica appunto e lo dispone alla grazia incommensurabile della figliolanza divina. Proprio perché questa luce raggiunge la materia a partire dalle sue radici essa può risplendere nelle tenebre senza essere percepita e quindi anche senza essere accolta.

Ma non senza vincere perché le tenebre non possono sopraffarla. La vita umana, tutta la vita, è ormai riagganciata alla sua sorgente divina, ed è destinata a divenire essa stessa luce, vita gloriosa, gioiosa, abbondante ed eterna. La lettera agli Ebrei ci aiuta a contemplare questo grande mistero con due domande: a quale degli angeli Dio ha mai detto: tu sei mio figlio e oggi io ti ho generato? A chi Dio ha mai detto: io sarò per te Padre e tu mi sarai figlio? Dopo che Gesù ha assunto la nostra natura umana, non solo lui, ma noi tutti possiamo considerarci “generati da Dio”, quindi capaci di crescere fino alla pienezza della figliolanza divina a partire dalla nostra natura umana ferita dal peccato. Eravamo semplicemente persone “morenti”, con l’incarnazione diventiamo persone nascenti, persone in gestazione verso l’immortalità.

E come Dio può ricostruire la nostra natura umana, così egli può ricostruire sempre di nuovo anche tutta la società umana. Per questo in Isaia Dio invita le rovine di Gerusalemme a cantare di gioia. Dopo il Natale ogni traccia di vita è preziosa anche quella che sembra andare in rovina. È preziosa semplicemente perché esiste, perché c’è e non solo perché è utile a qualcosa, per il suo destino futuro e non solo per la sua condizione presente. Con l’incarnazione possiamo dire di ogni vita umana quello che la lettera agli ebrei dice dell’uomo Gesù: è irradiazione della sua gloria, è impronta della sua sostanza. Ogni vita è sacra. Sia quella che perisce nelle acque degli oceani perché non è soccorsa, come quella che perisce nelle acque del grembo materno perché non è voluta. Per questo, introducendo il figlio nel mondo, Dio può dire: lo adorino tutti gli angeli del cielo. Con l’incarnazione ogni vita è sacra e partecipa alla stessa dignità di Dio. La vita e sempre originariamente da Dio. La vita è la luce degli uomini. A chi l’accoglie questa luce dà il potere di diventare figli di Dio, di tuffarsi nel cielo ed essere per sempre.