21 dicembre 2025 – IV di avvento / a
L’approssimarsi del Natale ci chiama a verificare la nostra fede nel grande mistero dell’incarnazione. Possiamo credere davvero che Dio si è fatto uomo? Possiamo credere che, un fatto apparentemente banale come la nascita di un bambino, sia in realtà, per usare le parole del profeta Isaia, un segno più profondo degli inferi e più alto dei cieli? La possibilità che Dio si faccia uomo, in effetti, introduce un fattore di “discontinuità” nella storia dell’umanità. Il Natale annuncia che nella realtà così come la conosciamo, nel qui ed ora della nostra vita, nelle circostanze concrete che spesso non ci piacciono e che vorremmo poter cambiare a modo nostro, c’è anche la presenza e l’opera di un Dio che salva.
Il re Acaz, nella prima lettura, considerava ormai perdute le sorti del suo Regno dinanzi alle minacce delle potenze vicine e resisteva all’invito del profeta di fidarsi di Dio. Il profeta gli conferma che Dio, a dispetto di ogni umana incredulità, interverrà nella storia di Israele e dell’umanità in maniera imprevedibile. Acaz non solo conserva il suo trono, ma riceve la promessa di un altro intervento misterioso e discontinuo di Dio nella storia: una vergine partorirà un figlio. Molti secoli dopo, Giuseppe della stessa casa di Davide e quindi discendente di Acaz, dovrà raccogliere questa promessa e la sfida della fede che essa comporta. Anche Giuseppe dovrà fidarsi che Dio è capace di introdurre una discontinuità nella sua storia personale e in quella del mondo. Deve credere che il regno di Davide, che sembrava esaurito, diventerà un regno eterno e che la sua paternità, messa in questione da un concepimento inatteso, sarà messa a servizio di un progetto di salvezza universale: dovrà prendersi cura di un bambino destinato a salvare gli uomini dai loro peccati.
Per fare posto a questa fede nelle possibilità di Dio che sono discontinue rispetto alle attese umane, Giuseppe dovrà lasciarsi purificare interiormente. Egli sa bene che ragionevolmente nessuno potrà mai credere che una vergine possa partorire un figlio. Secondo ogni criterio di giudizio umano egli avrebbe tutte le ragioni per arrabbiarsi, per disprezzare e per condannare. Proprio come facciamo quasi sempre tutti noi nei confronti delle circostanze e delle persone che fanno parte della nostra storia. Eppure, Giuseppe rinuncia a giudicare secondo un giudizio proprio. Questo, paradossalmente, lo costituisce giusto “per la fede”. Egli non smette di ragionare ed interrogarsi, ma si muove nella fede, cioè con la fiducia che la volontà di Dio è più profonda dei suoi giudizi soggettivi. Sapendo che in ciò che accade vi è sempre anche una volontà buona di Dio egli cerca di agire senza offendere Dio ma anche senza far del male a Maria.
Per questo, pur nel turbinio dei suoi pensieri, che rivelano quanto seriamente cercasse la volontà di Dio nella sua vita, Giuseppe può addormentarsi. E nel sonno, cioè nel suo abbandono fiducioso, la sua fede si incrocia con quella di Maria perché nel sonno ascolta le stesse parole che l’angelo aveva detto a lei: ciò che è accaduto viene dallo Spirito Santo. In queste parole vi è tutto il mistero dell’incarnazione. Se ciò che nasce dalla nostra umanità può venire dallo Spirito Santo, allora, ciò che è spirituale non si oppone alla materia e nemmeno si sovrappone dall’alto alla natura umana come per un miracolo straordinario. Per il mistero dell’incarnazione, lo Spirito si pone umilmente e nascostamente alla radice di ciò che è materiale (cf. Don Giussani) e lo vivifica rendendo la materia capace di un frutto straordinario.
Paolo descrive lo stesso grande mistero quando dice che il figlio nato dal seme di Davide secondo la carne, nato cioè dalla radice umana materiale, viene costituito figlio di Dio in potenza secondo lo Spirito Santo per la resurrezione dei morti. Questo processo che trae da una radice carnale un frutto spirituale riguarda anche tutti noi ed è per questo che Paolo ricorda ai Romani che anche loro sono “chiamati” santi. Noi tutti siamo santi perché, proprio come nel caso di Maria, per la fede possiamo accogliere in noi ciò che viene dallo Spirito Santo. Dinanzi a questa affermazione possiamo sorridere come il re Acaz e rimanere nel nostro scetticismo, oppure possiamo credere come hanno fatto Maria e Giuseppe. E per la fede possiamo rispondere a questo Vangelo con un sì vero e di tutto il nostro cuore e di tutta la nostra vita. Dopo il Natale, vivere responsabilmente significa accogliere tutto ciò che accade con il semplice desiderio di rispondere il meglio possibile alla grazia dello Spirito Santo che in ciò che accade si fa presente.