Mentre il profeta Daniele si trova in esilio con il suo popolo riceve una visione notturna. Riceve, cioè, una luce che deve aiutare lui e il suo popolo a compiere un cammino in circostanze difficili, al buio, in situazioni di sicurezza, paura, confusione. In quelle situazioni, insomma, in cui più chiaramente si sente il bisogno di un re, di uno a cui affidare la propria vita. Allora, proprio quando sembra che tutto, sia nella storia del mondo che nella tua storia, dipenda dal caso, o dal più forte del momento, o da chi meglio destreggia la tecnologia, risplende questa luce nella notte: c’è uno che ha un potere diverso, regale, universale e che ti ama. A Pilato che crede di poter determinare la vita e la morte di Gesù questi gli ricorda che solo Dio ha potere su tutti gli altri e ha potere anche sulle cose che ci fano soffrire. Per questo l’apocalisse può dire: A Colui che ci ama e ci ha liberati dal peccato con il suo sangue a lui la gloria e il dominio, su tutti i popoli e su tutta la storia.

Egli, in effetti, è l’alfa e l’omega, non solo perché porta a compimento tutti gli eventi della storia ma anche perché non smette di amarci. E l’unico che ci ama veramente dall’inizio alla fine. Chiunque può guardare a lui, anche coloro che lo hanno trafitto perché il primogenito dei morti non vince la morte per vendicarsi ma per aiutarci a fare lo stesso. Quando l’apocalisse dice che Egli fa di noi un popolo sacerdotale sta annunciando la nostra partecipazione al mistero pasquale, cioè al passaggio da una vita vissuta per se stessi che muore ad una vita vissuta nel dono di se stessi che risorge. L’amore sacerdotale, infatti, è un amore simile a quello di Cristo che non ha offerto al padre sacrifici e olocausti ma se stesso, il proprio essere, il proprio agire e tutta la propria vita.

Egli ci chiede di guardare a Lui trafitto e di affidargli la nostra vita, di imparare da lui a cercare non una gloria nostra o un potere nostro ma la verità che risplende sulla croce. Per accogliere pienamente questa verità devi imparare a contemplarla, devi andare oltre la superficie delle cose e cercare in te stesso una corrispondenza tra questo re che accetta di morire e risorgere per te e quello che accade nella tua vita. La visione notturna di Daniele poi ripresa nell’apocalisse si materializza nella scena del Vangelo di Giovanni. Qui il re Gesù celeste umiliato incontra il re terreno Pilato che entra ed esce dal pretorio. Fuori dal pretorio Pilato incontra il popolo che rifiuta Gesù e alla fine si lascerà condizionare da quel rifiuto. Dentro invece incontra Gesù, solo a solo. Un Gesù che rispetta pienamente la sua libertà ma cerca di riportarlo a sé stesso. Ogni volta che Pilato entra nel Pretorio in un certo senso rientra in sé stesso e si confronta con la verità. Li Gesù vorrebbe invitarlo a ritrovare la sua libertà aderendo alla verità.

La fatica di Pilato descrive la fatica e la resistenza di tutti gli uomini che, pur riconoscendo il primato dell’amore hanno paura di affidare la loro vita ad esso e alla fine preferiscono rimanere in balia di interessi, di opportunità, di apparenze, di falsi ideali che fondamentalmente vorrebbero garantirti un posto al sole in questo mondo. Gesù, dunque, non risponde alla domanda di Pilato ma ne pone una da parte sua: parli da te stesso o qualcuno ti ha parlato di me? La domanda deve provocare anche il nostro cuore. Spesso le persone si pongono mille interrogativi ma non trovano la verità e non fanno esperienza della grazia perché non parlano da sé stessi e di sé stessi. Non vogliono mettere in questione la loro vita ma soltanto le loro idee, le loro opinioni. La fede e l’incontro con Cristo non sono una discussione di idee ma un incontro vero con la verità.

E per realizzare questo incontro devi accettare di verificare non le ragioni astratte, le opinioni, le idee ma la corrispondenza tra le esigenze più intime del tuo cuore – la verità, la bellezza, la giustizia – e quello che tu fai nella tua vita e con la tua via. E questa verifica può essere dolorosa perché normalmente essa porta alla luce l’incongruenza, la distanza se non addirittura l’opposizione tra l’amore che splende sulla croce e le nostre mille paure che ci impediscono di essere noi stessi. Ma se non possiamo essere noi stessi non possiamo essere liberi. E se non siamo liberi non siamo nemmeno liberi di amare. Quando questa verità esistenziale diventa chiara ai nostri occhi proprio allora possiamo volgere lo sguardo al re che abbiamo trafitto e decidere se vogliamo credere che su quella croce egli da testimonianza ad una verità che non e’ di questo mondo, una verità che prima di lui non poteva trovare posto in questo mondo. Una verità che rende visibile e vivibile l’amore di Dio per noi. Allora possiamo decidere se vogliamo davvero affidare a lui la nostra libertà, a lui che ci ama e non smette mai di amarci e da quell’amore lasciarci rigenerare: chi è dalla verità ascolta la mia voce.