Pentecoste 2024

Mentre i discepoli erano in preghiera ecco che un vento riempie tutta la casa ed un fuoco si distribuisce come fiamme che discendono su ciascun individuo. I discepoli diventano consapevoli di una “presenza” nuova in mezzo a loro. Sapevano già evidentemente che il signore risorto era sempre in mezzo a loro, anche mentre le porte della loro casa rimanevano chiuse. Adesso, però, con il dono dello Spirito Santo si realizza la promessa che egli aveva fatto nel Vangelo: “Tutto quello che il padre possiede è mio perché la vita del padre abita nella mia umanità. Lo spirito mi glorificherà perché prenderà quello che è mio e lo darà a voi.”

La Pentecoste, dunque, celebra questo grande mistero: il fatto che la vita di Dio è di casa. La vita del padre che abitava in Gesù, e che per sé stessa sarebbe inavvicinabile come il fuoco, abita la nostra casa ed abita il nostro cuore, per fare della nostra vita un riflesso della sua gloria. Quella verità di cui Gesù parla nel Vangelo e di cui noi non potevamo portare il peso, è la sua stessa gloria incarnata nella nostra povera umanità, che adesso diventa capace di rendergli testimonianza. Chi accoglie lo Spirito Santo partecipa al mistero Pasquale per il quale, dirà San Paolo, noi crocifiggiamo con Gesù la vita carnale e risorgiamo alla vita dello spirito. Questa pienezza di vita penetra sia il corpo intero della chiesa che il cuore di ciascun credente.

Per questo gli atti descrivono la venuta dello spirito prima come un vento che riempie la casa, che anima, cioè, tutto il corpo della Chiesa. Il vento non soffia dall’esterno ma riempie la casa dall’interno e scuote le porte perché appunto questo spazio interno si trasformi in uno spazio aperto ed accogliente. Lo Spirito Santo è quella energia che spinge la chiesa ad uscire costantemente da sé stessa vincendo la tentazione di ogni aggregazione umana a ripiegarsi su sé stessa, a chiudersi e a sclerotizzarsi. Lo Spirito Santo, poi, è anche quel fuoco che, dividendosi in lingue, scende su ciascun individuo, e a ciascuno dona una partecipazione alla gloria di Gesù, qualcosa di quella vita che gli appartiene e che ha la sua origine nel padre. Questa partecipazione alla gloria di Gesù viene descritta come un parlare in lingue perché porta a compimento l’altra promessa che Gesù aveva fatto nel Vangelo: lo spirito di verità, che viene dal padre, mi darà testimonianza ma anche voi mi darete testimonianza perché siete stati con me dal principio.

La fiducia in Gesù, il rimanere con lui, permette allo Spirito Santo di agire nella nostra vita e di fare della nostra storia una testimonianza. Questa storia può anche essere marcata dalla fragilità e dal tradimento perché in realtà anche i discepoli si sono dispersi e non sono rimasti sempre con Gesù. Eppure, proprio il loro ravvedimento e il loro ritorno testimoniano che ciò che li univa a Gesù era dal “principio”, cioè, proveniva, non dalla carne, ma dalla sorgente della vita divina. L’azione dello Spirito Santo, dunque, è quella di glorificare Cristo in ogni discepolo, in modo tale che la sua vita “parli” dell’opera che Dio ha fatto in essa, diventi testimonianza e susciti in chi ascolta la fiducia che anche la propria vita possa testimoniare quell’opera divina e quindi proclamarla nella propria lingua materna, cioè nella lingua parlata nella carne. La Pentecoste è la vita di Dio nella casa e nella carne, nello spazio della storia e nella nostra umanità.

Questa vita di Dio trasmessa a noi dallo Spirito è sconvolgente come un vento che trascina e, al contempo, delicata come una fiammella di fuoco che illumina il cuore del singolo. C’è sempre, allora, la possibilità di credere e crescere nella figliolanza divina ma c’è anche sempre la possibilità di scandalizzarsi, di inciampare, di esitare. Vi prometto lo Spirito Santo, dice Gesù, prima che venga in pienezza perché non abbiate a scandalizzarvi a causa di prove, dubbi, fatiche e tutte quelle povertà che suggeriscono che non c’è nessuna vita divina, nessuna vita dello Spirito in te, ma solo quella che conosci già, la vita della carne che ha mille passioni che non arrivi mai a soddisfare, la vita biologica che si abitua a tutto e alla fine si annoia, la vita di tutti i giorni che non riesce a farti uscire dalla tua solitudine, dal fatto che alla fine ognuno parla la sua lingua e basta. La sfida della fede è accettare che ciò che noi sperimentiamo nel nostro cuore come contrapposizione, a volte dolorosa, tra la carne e lo spirito non è un peso insopportabile ma l’invito a fidarsi della grazia più che di noi stessi.

Camminate secondo lo Spirito – dice San Paolo. L’immagine di un cammino fatto di passi proporzionati alla propria forza suggerisce che lo Spirito non è dato in maniera “risolutiva” quasi fosse un cambio magico della personalità ma piuttosto come un’energia discreta e quasi impercepibile che sostiene un dinamismo di crescita continua e di progresso. Camminate secondo lo Spirito – continua Paolo – e non sarete portati a “dare compimento” ai desideri della carne. Lo Spirito, cioè, non sradica i desideri dell’antica natura dell’uomo ma dona la forza perché, poco alla volta, impariamo a portare in noi una verità che inizialmente può sembrare troppo pesante. Questa pienezza di verità è espressa dai frutti dello Spirito – amore, gioia, mitezza – che annunciano la vita di Dio data ad una carne che vorrebbe camminare nella direzione opposta. Sono essi che annunciano a chi vuole credere le grandi opere di Dio. Dinanzi al miracolo di Pentecoste gli spettatori sono confusi, stupiti e alla fine anche scettici, convinti che i discepoli fossero ubriachi. È per la fede che alcuni hanno creduto che quello che accadeva nella vita dei discepoli potesse accadere anche nella loro. La loro testimonianza parlava al loro cuore e alla loro storia e quindi potevano dire di sentir proclamare le grandi opere di Dio nella loro lingua nativa.