Domenica 10 dicembre 2023 – II di avvento/b

L’inizio del Vangelo nel racconto di Marco non è un messaggio particolare ma un evento, un fatto, più precisamente una venuta. Noi spesso pensiamo a Dio come ad una realtà da raggiungere faticosamente. L’inizio della buona notizia, il suo fondamento, è il fatto che Dio si propone come Colui che ci raggiunge e si fa vicino e quindi come una realtà da accogliere. In questa prospettiva la sua Parola non ti dice innanzitutto cosa devi fare ma ti dice piuttosto cosa Dio sta facendo e vorrebbe fare nella tua vita. Non semplicemente l’offerta di una soluzione o dell’altra ma la proposta di un cammino. Non semplicemente un cammino facile e conosciuto, a tua misura, ma un cammino nel deserto, dove saresti tentato di pensare che non può esserci un cammino; oppure attraverso valli e montagne che sarebbero troppo difficili da smuovere da soli.

Così il Vangelo diventa un’esperienza di consolazione, di incoraggiamento, di ripresa del cammino. Non come una magia, un film a lieto fine oppure un sogno. Per parlare al tuo cuore, come Isaia parlava al cuore di Gerusalemme distrutta, il Vangelo deve parlare alla verità del nostro cuore. Non diventiamo mai abbastanza accoglienti al Vangelo se non diventiamo abbastanza umili per riconoscerci bisognosi di salvezza. Per questo la grazia che in Giovanni preparava la venuta di Cristo spingeva innanzitutto alla conversione ed alla confessione dei peccati.

Confessare i peccati non significa elencare una lista di violazioni ma ammettere che da soli non salviamo la nostra vita, non riusciamo a dare un senso alle cose che facciamo. Puoi alzare al cielo la Coppa del tuo successo più esilarante e un minuto dopo, in un momento di lucidità, percepire tutta la precarietà, l’inconsistenza, il vuoto di quella felicità che non può durare e che non può farti sentire migliore. A chi riconosce il suo peccato, il suo bisogno di salvezza, il Vangelo del Figlio di Dio annuncia che ogni carne vedrà la gloria di Dio. Annuncia ciò che altrimenti sarebbe un’impossibilita perché nessuno può vedere Dio senza morire. È la possibilità di vedere Dio non fuori di sé ma appunto nella propria carne, perché è la carne che viene battezzata nello Spirito Santo.

La nostra vita è chiamata a diventare una vita gloriosa della gloria di Dio, dell’amore dello Spirito Santo. Il cielo e la terra passeranno, dice Pietro, e si consumeranno senza possibilità di recupero. Ma quello che in te viene dallo Spirito Santo è destinato a rimanere. A te viene chiesto il rischio di metterti in cammino dove non vedi ancora un cammino. Sapendo che colui che ti guida è un pastore che porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri. È uno che sostiene e non spinge. Uno che sposta le montagne e colma le valli, ma al contempo si aggiusta al tuo passo e alle tue forze. In effetti, proprio per questo proporzionarsi dell’opera di Dio alle nostre forze, è possibile che non ne percepiamo tutta la novità, tutta la potenza e l’efficacia. Saremo sempre tentati di mormorare dov’è questo avvento, dov’è questa venuta di Dio nella nostra vita, dov’è questa consolazione, questa cura e questa attenzione di dio per me? A questi dubbi risponde Pietro nella seconda lettura. L’avvento è l’annuncio che la salvezza è nel cammino, e quindi nel tempo, e non nel miracolo istantaneo. Allora c’è una cosa fondamentale da ritenere proprio riguardo alla percezione del tempo. Un giorno per Dio è come 1000 anni. Dio, cioè da un valore immenso all’attimo presente. In effetti abbiamo sempre e soltanto oggi per amare. La tentazione che ci distrae rispetto alla venuta di Dio nella nostra vita è quella di vivere fuori dal presente. Quella di sognare occasioni future che non verranno mai oppure di ruminare su cose del passato che non servono più a nulla.

L’avvento ci ricolloca nel presente e ci invita a vivere intensamente, ogni giornata ed ogni istante. La serietà, la responsabilità con cui facciamo le cose di ogni giorno permette a Dio di entrare nella nostra vita e ha delle conseguenze non misurabili sul destino del mondo intero. Con la bontà della vostra condotta, dice Pietro, voi affrettate la venuta del Regno, contribuite a quei cieli nuovi e quella terra nuova, in cui regna la giustizia, la pace, la fraternita. È bello pensare che la salvezza del mondo, e la sua giustizia, dipendono anche da te. D’altra parte, continua San Pietro, 1000 anni per Dio sono come un giorno. Una seconda tentazione che distrae rispetto alla venuta di Dio nel nostro oggi è l’illusione che c’è sempre tempo, che puoi procrastinare, che puoi sprecare tempo, che puoi prendertela comoda, che non ci sono urgenze e nemmeno conseguenze visto che abbiamo a che fare con un Dio lento ad agire. Non è Dio lento ad agire. Siamo noi che, proprio come possiamo affrettare la venuta del Regno, così possiamo rallentarne la realizzazione con la durezza e la superficialità del nostro cuore. Un cuore che non risponde al Vangelo del Figlio di Dio: viene il Signore della nostra vita. Viene nella nostra giornata, nella nostra storia. A noi la sfida, non di raggiungerlo, ma di lasciarci raggiungere.