Solennità di tutti I santi 1° novembre 2023

Nella solennità di tutti i santi celebriamo non tanto le gesta eroiche di alcune persone speciali quanto piuttosto la vocazione cui tutti siamo chiamati in virtù della natura nuova che Gesù ha reso possibile con la sua incarnazione. Noi cresciamo nel corpo. Cresciamo anche nella nostra dimensione interiore, psicologica. Ma tutto questo non è tutto. Siamo chiamati a crescere anche nella dimensione spirituale che ci configura sempre di più a Gesù risorto. Nella mentalità contemporanea si afferma il desiderio di assomigliare a qualcosa di speciale: una bambola, un eroe dei cartoni animati, paradossalmente anche a degli animali. Questo desiderio non è che una deviazione impazzita di un desiderio più vero e profondo di crescere nell’amore fino ad essere trasformati pienamente nell’immagine che DIO stesso ha iscritto nei nostri cuori.   Il nostro destino non è iscritto solo nel nostro corpo che si ammala e muore. E nemmeno solo nella nostra struttura psicologica che soffre e lotta tra mille conflitti. Esso è iscritto in quella dimensione più profonda e nascosta della nostra natura mortale che il Figlio ha assunto con la sua incarnazione e che ha chiamato a mescolarsi con la natura divina, come l’acqua si mescola al vino che è nel calice dell’eucaristia.

Quale grande amore ci ha mostrato il Padre, dice Giovanni, nel chiamarci suoi figli. Non ci ha trasformati magicamente in figli suoi. Ci ha chiamati a diventarlo attraverso l’adesione libera della nostra volontà giorno dopo giorno. Questo amore che il Padre ci ha mostrato è grande non semplicemente perché è più grande di quegli amori umani che conosciamo. Esso è grande perché non è meritato. È un amore più grande di noi perché ci abbraccia nella nostra infinita debolezza ed indegnità. Non solo Dio ci ha chiamati figli. Lo siamo realmente, continua Giovanni, anche se non abbiamo ancora raggiunto la completezza della nostra maturazione. Ogni giorno possiamo diventare sempre di più figli di Dio acquisendo la somiglianza con il Padre. Il cammino quotidiano di questa trasfigurazione nella natura divina è espresso dalle beatitudini. Ciò che in Dio è santità completa e piena per noi su questa terra prende il nome di beatitudine. La beatitudine è la condizione di chi già condivide qualcosa della gioia propria della vita eterna eppure non è ancora arrivato e quindi attende un compimento futuro che è  dono di Dio. Beati voi che oggi cercate la mitezza, la povertà di spirito, la giustizia perché un giorno otterrete la pienezza di vita. In particolare, le beatitudini ripetono con insistenza che, se vuoi rispondere alla chiamata a divenire figlio di Dio dovrai accettare anche la tribolazione. Se credi che Gesù ci chiama a condividere la sua resurrezione non puoi più temere la morte e la sofferenza. Non puoi accomodarti alle attese del mondo ma dovrai saper remare contro. Anzi proprio quando avrai tutti contro di te, tutti che parlano male di te, proprio allora sarai nella condizione ideale per decidere se vuoi fare la differenza, anche da solo, oppure se vuoi accodarti alla maggioranza. Per vergogna, per timidezza, per paura, per non rinunciare alle lusinghe dl mondo.

Noi siamo destinati ad esser simili a Dio. Non per dei superpoteri speciali ma per la partecipazione al suo grande amore che in noi si manifesta come beatitudine nella povertà, nella mitezza, nella purezza di cuore. Alcuni arrivano per primi e in pienezza a questa somiglianza. Quando la chiesa canonizza un santo essa riconosce che Dio ha posto il suo sigillo sulla sua fronte, come si legge nell’apocalisse. Coloro che ricevono il sigillo fanno parte di quel numero contato di individui che seguono fedelmente l’agnello e che diventano un esempio per altri. Ma non sono i soli santi che Dio chiama alla vita eterna. Dopo di loro, prosegue l’apocalisse, appare una folla immensa che questa volta non può essere contata. Sono persone vestite di bianco che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’agnello. Non erano perfetti ma, seguendo lo stile di amore dell’agnello che dona la sua vita per gli altri, nello spirito delle beatitudini, essi si purificano delle loro infermità, lavano ogni giorno le loro vesti nel sangue dell’agnello e arrivano anch’essi alla vittoria ed alla santità. Alla domanda dell’angelo “chi sono costoro”? Giovanni non trova risposta. Essi non sono conosciuti al momento, sono i santi “della porta accanto” di cui spesso nessuno si accorge. Eppure, un giorno saranno manifestati al mondo come coloro che hanno superato la grande tribolazione, hanno preservato la fede ed acquistato la veste bianca dell’agnello. Quella veste di gloria che avevamo perduto nel paradiso e che ci aveva lasciati nella nudità la ritroviamo come un dono alla fine dei tempi. Nella genesi si ricorda che Adamo ed Eva avevano pur tentato di farsi delle vesti da soli ma non avevano rimediato niente di più di una copertura di foglie. Nella sua misericordia Dio aveva sostituito quella copertura precaria con una veste di pelli. Ma il grande amore di Dio va oltre. Nel Regno dei cieli il dono si esprime nella sua pienezza quando gli eletti vengono rivestiti di santità e di gloria. Diventano realmente figli di Dio e vedono Dio come Egli è.