Pasqua 2023
Gesù aveva molto desiderato mangiare La Pasqua con i suoi discepoli. Per lui mangiare la Pasqua significava assumere tutta la nostra storia, tutta la nostra vita, tutta la nostra umanità. Poiché, dunque, Gesù ha mangiato la Pasqua con noi nella nostra carne, adesso noi possiamo mangiare la Pasqua con Lui nella sua Resurrezione.
Dal sepolcro non è uscita solo l’umanità di Gesù ma anche la nostra. Siamo un popolo nuovo che, contrariamente al resto dell’umanità, si lasciano la morte dietro le spalle invece che tenersela davanti agli occhi. Certo, apparentemente non è cambiato nulla, dopo la resurrezione. Della nuova vita inaugurata da Cristo risorto non si vede nulla di straordinario. Rimane solo un sepolcro vuoto. Esso è menzionato ben 7 volte nel breve racconto di Giovanni quasi a sottolineare che all’inizio di ogni cammino di fede vi è un vuoto piuttosto che un pieno. C’è la necessita, cioè, di riandare realisticamente ai fatti della nostra vita, anche quelli sui quali ci abbiamo messo una pietra sopra, e considerarli con attenzione, magari con gli occhi ancora velati di lacrime, finché non cominciamo e renderci conto che proprio quei fatti, tutte le circostanze della nostra vita, cominciano ad illuminarsi di un significato nuovo.
Chi non sa che anche quelle cose della vita che noi consideriamo capaci di farci sentire vivi in fondo deludono perché non riescono a liberarci dalla sensazione di mortalità, di vanità, di vuoto, che alla fine domina tutte le cose. È come se la vita portasse con se, più o meno nascosto, un germe di morte. Per questo tutti cercano di sfuggire a questa sensazione sgradevole, correndo dietro a mille attrazioni o distrazioni. Oppure disprezzando la vita stessa come insignificante. In Europa il suicidio è la seconda causa di morte per gli adolescenti. Ecco, allora, che dopo la resurrezione accade una cosa strana. Alcuni corrono verso il sepolcro. Chi correrebbe mai verso un sepolcro? È come se la resurrezione di Gesù avesse prodotto nei primi discepoli una speranza nuova che li porta a ritornare con più attenzione proprio alle loro delusioni, alle loro paure, alle loro frustrazione per scoprire che esse contengono un germe di vita immortale. E in questa mattina di Pasqua si apre per tutti la possibilità di stupirsi come la Maddalena che la pietra è stata divelta dal sepolcro.
Non è ancora la proclamazione della resurrezione ma vi è già l’invito a tornare alla nostra vita con uno sguardo diverso. Essa non è più una vita che nasconde la morte ma in un certo senso una morte che nasconde la vita. Questa nostra esistenza che porta con sé il sapore della mortalità, della sofferenza e del limite non è più prigioniera di un sepolcro ma porta con sé il germe della vita risorta. Ciò che a noi appare evidentemente come una vita mortale, pur rimanendo quella che è in tutta la sua tragicità, non e’ più semplicemente una vita mortale ma piuttosto una vita embrionale. Una vita ancora discreta e invisibile perché, dice Paolo, essa è ancora nascosta in Dio, come rimane nascosta e invisibile la resurrezione di Cristo. Eppure, essa è già abbastanza efficace da risvegliare in noi la voglia e la capacità di correre. Non più dietro ai soldi, al lavoro, all’affermazione di noi stessi ma dietro all’amore perduto.
Dobbiamo abituarci a pensare che Dio ricomincia dove noi metteremmo la parola fine. Se crediamo che Dio ha resuscitato veramente suo figlio Gesù. Non è uno spirito quello che svegliandosi ha ripiegato su un lato le bende che gli avvolgevano il volto. Uno spirito non ha bisogno di slegarsi le bende. È il vero corpo di Cristo che è risorto. Quel corpo che avevano deposto nel sepolcro noi diciamo che vive e che è tornato a mangiare e bere con i suoi discepoli. Cristo è risorto. È lui vivo che ricomincia sempre con tutti e a qualsiasi costo perché possiede la vita eterna.
Quando Pietro annuncia il signore risorto ricorda ai presenti come tutto fosse cominciato in galilea con il battesimo di Giovanni che annunciava appunto la conversione. Gesù, essendo unto di Spirito Santo, attraversava città e villaggi liberando coloro che erano oppressi dal peccato. Adesso, continua Pietro, egli è risorto ed è tornato a noi per annunciare ancora una volta, ogni giorno che nasce, il perdono dei peccati e la conversione del cuore. Tutti eravamo schiavi del demonio perché, anche se non lo vedi, il demonio è un giudice accusatore esattissimo. Egli ti conduce a vivere come uno che si sente giudicato senza perdono da Dio e dagli altri. Come uno condannato. Ora, dice Pietro, il giudice dei vivi e dei morti non è più il demonio ma Cristo che ha vinto la morte. E come giudice misericordioso vuole che impariamo a vivere non più con una mentalità di condannati ma con una mentalità di condonati, di salvati, di persone libere. Non perché siamo buoni ma perché possiamo diveltarlo. È per lui vivo in mezzo a noi che possiamo sempre ricominciare, sempre, in ogni circostanza….
Anche da un sepolcro chiuso.