19 Marzo 2023 – Quaresima IV/b

Il percorso quaresimale è fondamentalmente un tempo di preparazione e di educazione alla vita nuova inaugurata dalla resurrezione. Chi crede in Gesù può nascere alla vita risorta per un semplice atto di fiducia in lui. Questo atto di fiducia va fatto, però, proprio a partire dalla condizione di vita di ciascuno, per quanto umiliata essa possa essere. Quando Gesù spalma il fango sugli occhi del cieco nato mette quest’ultimo di fronte alla sua drammatica situazione esistenziale. Potremmo dire che Gesù evidenzia il suo stato al punto di umiliarlo pubblicamente. Quindi, senza nulla aggiungere, gli ordina di andare a lavarsi. Per aver dato fiducia a questa sua parola, pronunciata dopo un gesto inatteso che avrebbe potuto lasciare molti nello sconcerto e nella frustrazione, l’uomo torna a vedere. Paolo fa eco a questo Vangelo con un invito simile a quello che Gesù ha offerto al cieco nato e che raggiunge ciascuno di noi oggi: “Svegliati o tu che dormi, tu che hai gli occhi chiusi; risorgi dai morti tu che non vivi abbastanza; e Cristo ti illuminerà.”

Si! Il cammino di fede è innanzitutto un cammino di illuminazione e questa illuminazione riguarda innanzitutto la nostra condizione di peccatori. Non semplicemente i nostri peccati, ma più radicalmente la nostra condizione di peccatori. Essere peccatori infatti non significa necessariamente essere dei criminali. Di fatto potremmo anche essere delle persone perbene come i vari protagonisti del Vangelo di oggi. Essere peccatori significa essere affetti fin dalla nascita da una cecità del cuore che ci impedisce di sintonizzarci con la volontà di Dio e quindi di fidarci di Lui per trovare in Lui la pienezza della vita.

Anche il profeta Nathan, con tutta la sua rettitudine, è cieco, perché incapace di vedere la realtà con gli occhi di Dio e quindi di riconoscere la sua volontà nella scelta di un re per Israele. Anche gli apostoli osservando la situazione del cieco nato non riescono a “vedere” come in quella situazione Dio possa mostrare la sua gloria, cioè realizzare una volontà buona a partire da ciò che appare solo come un male. Essi, allora, si interrogano su chi possa essere il colpevole. Non per nulla, infine, ai farisei che si sentono offesi dell’insinuazione che anche loro potrebbero essere ciechi, Gesù dirà: “proprio perché dite di vederci, ecco che il vostro peccato rimane e quindi la vostra cecità non conosce guarigione”.

Quanto diversa e’ invece la reazione del cieco nato che di fronte alle domande stupite dei vicini circa la sua identità dice con semplicità: sono io. Poter dire “sono io il cieco nato”, significa poter riconoscere ed accettare serenamente la propria povertà esistenziale.  San Paolo sembra riecheggiare questa affermazione quando dice: “Eravamo tenebra”. Eravamo persone incapaci di bontà, giustizia e verità. Avevamo una natura ferita. Non erano solo le nostre azioni tenebrose. Eravamo noi stessi tenebra per natura. Eppure, aggiunge, per fede possiamo diventiamo luce in Cristo. Diventiamo capaci di una natura nuova che ci rende capaci di vivere in maniera nuova.

Il cieco nato, in fondo, cambia non solo per aver riacquistato la vista degli occhi quanto per aver assunto una personalità nuova, che illumina tutti gli altri. Mentre Gesù sparisce dalla scena dopo il miracolo e Lui che occupa lo stage e, senza volerlo, diventa luce. Non siede più a mendicare. Di fronte ai genitori impauriti mantiene la sua testimonianza. Ai farisei che lo insultano e lo minacciano risponde con rispettosa franchezza. Insomma, questo cieco nato ci vede non solo con gli occhi ma con il cuore perché è capace di libertà interiore, di umiltà vera e soprattutto perché si mostra capace di imparare a partire dalla realtà.  Quando Gesù lo incontra di nuovo e gli chiede se crede nel Figlio dell’uomo egli risponde con fiducia: “Dimmi chi è perché possa adorarlo.” E di fronte alla risposta: “E’ colui che ti parla”, cade in ginocchio. Crede cioè che il Cristo si incontra nella realtà. Nel qui ed ora, vissuto con fiducia in Dio e con apertura al mistero, ammettendo, cioè, l’inadeguatezza di una prospettiva solo “umana” su questa stessa realtà.

Perché allora il cambio di natura operato dalla fede non è sempre immediatamente verificabile? Perché troppo spesso pretendiamo di sapere e capire già tutto a modo nostro. La fede diventa luce solo per chi si accorge di essere tenebra, cieco per nascita. Ed anche perché la rinascita nella fede non è qualcosa che ti cambia la vita magicamente. Essa è piuttosto una vita che cambia. È un parto, il miracolo della vita che nasce, ma vissuto nelle circostanze più naturali di questo mondo. È una nascita che da inizio ad una crescita piuttosto che un’operazione chirurgica che mette fina alla tua fatica di vivere. O tu che dormi tra i morti, tu che te ne stai seduto dove vi è solo l’ombra della vita: alzati, comincia a camminare dietro a Cristo ed Egli ti illuminerà.