Limone 12 febbraio 2023 VI / a

Al tempo di Gesù quasi tutti guardavano ai farisei come modello di giustizia. Non tutti erano in grado di vivere come loro ma un po’ tutti guardavano a loro come a dei modelli insuperabili di integrità. Gesù prende spunto da questa situazione per fare un’affermazione singolare: io sono venuto ad insegnare una giustizia che supera quella dei farisei e che permette di diventare grandi non davanti agli uomini ma nel regno dei cieli. È un’affermazione singolare perché per credere di poter diventare grandi nel regno dei cieli occorre credere alla possibilità che l’uomo possa crescere al di là di sé stesso, al di là di ogni umana possibilità. L’animale che nasce cresce selvaggio o domestico a seconda della sua natura. L’uomo può scegliere se vuole diventare grande nel Regno dei cieli e quindi in un certo senso acquisire una nuova natura.

Certo, ogni piccola decisione, ci fa crescere nel bene o nel male. Questo perché, ci ricorda il libro del Siracide, bene e male non sono delle astrazioni ma delle realtà concrete come il fuoco e l’acqua che modificano profondamente la natura delle cose e la qualità della vita. Se diventiamo più ricchi non diventiamo necessariamente più buoni e se studiamo di più non diventiamo necessariamente più buoni o cattivi. Ma se impariamo a scegliere il bene o il male cambiamo interiormente, diamo forma alla nostra personalità interiore e di fatto sperimentiamo molto concretamente di avere più vita o meno vita. Si, il bene ed il male sono proprio come la vita e la morte. Piu scegliamo il bene e più abbiamo vita in noi. Piu scegliamo il male e più spegniamo la vita che è in noi. Piu siamo vivi dentro di noi più siamo capaci di dare vita ad altri. Piu siamo spenti e vuoti dentro di noi più rischiamo di dare agli altri la morte che ci abita.

Il dramma è che tutto ciò accade senza che spesso ce ne rendiamo conto. Per questo Gesù nel Vangelo di oggi sembra suggerire di non fermarsi ai comportamenti esteriori ma di scavare in profondità il nostro cuore e chiederci se dal profondo del nostro cuore esce vita o morte. E per fare questo parte proprio dal comandamento che ciascuno sarebbe tentato di trascurare nell’esaminare il proprio cuore: quello di non uccidere. Molto spesso ci sentiamo a posto riguardo a questo comandamento perché anche se alle volte abbiamo fatto qualcosa di male a qualcuno normalmente crediamo di averlo fatto per una questione di giustizia. In realtà nessuno di fatto è più pericoloso di quando si sente giusto. Proprio allora infatti rischiamo di arrabbiarci con gli altri, di insultarli, di disprezzarli senza renderci conto che li stiamo ferendo e che, anche se non li abbiamo uccisi, li abbiamo già escluso dal nostro cuore come non amabili. In tal senso può essere un’esperienza fondamentale quella di provare odio verso qualcuno perché essa mette in luce come tutti noi, anche la persona più rispettabile, porta nella profondità del cuore una ferita che la spinge a difendere la propria vita anche a costo di ferire quella dell’altro. Gesù, in altre parole, ci sta dicendo che nella profondità del nostro cuore abita l’omicidio, la tendenza cioè ad eliminare l’altro anche solo con la distanza, l’indifferenza, l’ostilità. Per capire quanto è drammatica questa situazione occorre penetrare nella profondità di Dio e ricordare che noi siamo stati creati ad immagine di Dio, ad immagine del suo cuore. Ma chi ci rivela la profondità di Dio? È lo Spirito Santo, dice San Paolo, che ce l’ha rivelata, in maniera particolare sulla croce. Sulla croce, infatti, risplende quella gloria che gli uomini non hanno saputo riconoscere ed hanno preferito eliminare. Eppure, proprio in quella croce si rivela la profondità di Dio. Quando ferisci il cuore dell’uomo esce l’odio e la violenza. Quando ferisci il cuore di Dio esce la croce, cioè la disponibilità a donare la vita; e a donarla a chi ti fa del male.

È solo mettendo a confronto la profondità del nostro cuore con la profondità del cuore di Dio che possiamo capire la giustizia nuova che Gesù insegna nel discorso della montagna e come essa contraddica ogni sapienza umana. “Avete inteso che…. Ma io vi dico…”. Voi avete imparato la giustizia degli uomini io vi annuncio una giustizia che nasce dalla profondità del cuore di Dio e che era nascosta prima e che adesso vorrebbe riempire il vostro. Attenzione, direbbe San Paolo. Come gli uomini che hanno crocifisso Gesù sulla croce non hanno riconosciuto l’amore di Dio che risplendeva dalla croce così noi oggi che ascoltiamo queste parole di Gesù potremmo restare insensibili, quasi fossero parole astratte, un po’ ideali, che non meritano di essere accolte con fiducia. No quel Gesù che moriva sulla croce e’ risorto per dare a noi la forza di credere che anche noi, quando accettiamo di morire un po’ per amore, in realtà non moriamo, ma al contrario partecipiamo alla vita risorta di Cristo e diventiamo grandi nel Regno dei cieli.