22 gennaio 2023 – III domenica /A

Dopo l’arresto del battista Gesù si ritira nella regione periferica della Galilea che nel profeta Isaia era stata descritta come una terra umiliata e tenebrosa perché lontana dalla luce della fede.  In questo luogo di umiliazione Gesù annuncia che il Regno di Dio non e’ distante ma al contrario vicino ed operativo. Questo quadro iniziale getta una luce sul significato profondo di questa domenica che è dedicata alla celebrazione della Parola di Dio. Nell’iniziare il suo ministero proprio quando quello di Giovanni sembra concludersi con un fallimento e proprio a partire da una situazione periferica e di umiliazione Gesù, dice Matteo, da compimento alla Parola di Dio, in particolare a quella del profeta Isaia. Egli rende testimonianza, cioè, del fatto che questa Parola non è per Gesù semplicemente un insegnamento ma una luce che illumina la sua storia e la storia di chiunque si disponga ad accoglierla con un cuore aperto, disponibile alla conversione. Essa, inoltre, non si limita a spiegare le situazioni della vita o della storia ma annuncia l’agire in questa storia di una presenza salvifica, di una forza che sfida ogni potere o soluzione umana e che Gesù chiama “regno di Dio”. Questa forza e questa presenza salvifica è in grado di “moltiplicare la gioia”. Essa, infatti, non si limita a suggerire soluzioni ai “problemi” più immediati della vita ma risponde a quelle esigenze più profonde ed insopprimibili del cuore di ogni persona che Isaia esprime con le immagini del “frutto” e della “vittoria”: hai moltiplicato la gioia – scrive il profeta – come quando si raccoglie e come quando si divide la preda dopo la battaglia. La Parola di Dio, dunque, è data come un primo richiamo al cuore di ogni uomo circa il fatto che Dio vorrebbe regnare nella nostra vita non sottraendo spazio alla nostra libertà ma al contrario valorizzandola al centuplo. Essa ti ricorda continuamente che la tua vita non è mai sterile, anche quando ti ritrovi nell’umiliazione. Al contrario proprio allora la Parola ti annuncia la gioia di chi raccoglie, di chi sperimenta un frutto che non è solo opera delle sue mani e dei suoi sforzi. La Parola ti ricorda continuamente che i tuoi fallimenti, le tue ripetute sconfitte, quelle che magari nessuno conosce perché riguardano spesso la nostra incapacità di amare, di cambiare, di diventare migliori, non rappresentano una situazione conclusiva ma al contrario sono l’occasione per appoggiarti ad un Dio che regna, che agisce al di là di ogni possibile soluzione umana. In questo senso si comprende il secondo quadro del Vangelo di oggi nel quale Gesù, passando lungo il lago di Galilea, chiama due coppie di fratelli. Pietro e Andrea stanno al loro posto di lavoro ma con le reti così vuote o comunque così povere di frutti, da essere abbandonate sulla barca. Andrea e Giacomo stanno rammendando le loro reti che devono tornare a riparare dopo ogni pesca e che ogni volta si romperanno ancora. A questi fratelli che si accontenterebbero del loro lavoro quotidiano e ripetitivo, proprio ad essi Gesù offre una chiamata innanzitutto a desiderare di più, a considerare “il Regb di Dio” nella loro vita. Piu tardi lo stesso Gesù restituirà loro le reti così colme da far affondare la barca e le reti così resistenti da non più spezzarsi. Restituirà loro, cioè, il gusto del frutto e della vittoria promesso nella profezia di Isaia. Per il momento Gesù li chiama vedendo in loro non semplicemente dei lavoratori di cui servirsi ma degli uomini che Lui può trasformare, delle persone a cui Egli può donare una storia facendone “dei pescatori di uomini”. Questa chiamata non è riservata solo a loro. La Parola di Dio è importante nella nostra vita proprio perché per essa introduce nel nostro quotidiano l’irrompente parola di Dio che chiama, che interpella. Ognuno troverà il suo cammino concreto ma tutti siamo comunque chiamati a diventare “pescatori di uomini”, cioè fondamentalmente persone attraenti. Non persone speciali o invidiabili che mettono in evidenza la loro “differenza” dagli altri ma persone attraenti che incoraggiano la comunione e invitano gli altri a farsi vicini e a condividere quel dono che e’ la grazia e la gioia propria del Regno di Dio. Perché, si lamenta Paolo, vi sono fazioni tra di voi e l’uno si appoggia all’altro? Non è forse la centro di ogni storia la stessa forza e la stessa grazia di Cristo risorto? Quelli che dicono “io sono di Pietro oppure di Paolo” vanificano la croce di Cristo, il fatto che la salvezza per tutti noi non comincia dal nostro successo ma dalla nostra fiducia in uno che e’ risorto e che ancora oggi passa, libera e guarisce. Allora, quasi senza che ce ne accorgiamo, la nostra vita diventa missione per il mondo intero.