Domenica 4 dicembre 2022 – seconda di avvento/ a

Rivolgendosi ai romani Paolo fa un’affermazione apparentemente banale: tutto ciò che è stato scritto prima è stato scritto per voi. In realtà l’affermazione è carica di conseguenze. Essa implica che tutta la storia della salvezza non riguarda solo le persone storicamente coinvolte in essa, Jesse, Davide il popolo di Israele, ma ogni uomo e quindi ciascuno di noi. La parola di Dio non rimane parola scritta ma ha la capacità di diventare voce nel mio cuore quando essa parla a me oggi, personalmente, risvegliando in me il desiderio di dispormi all’accoglienza di un dono che supera le mie attese. La voce del Battista non attira l’attenzione su di sé quasi avesse qualcosa di personale da dare o da insegnare. Essa risveglia l’attesa nel cuore di chi crede e, in un certo senso, proclama a tutti e a ciascuno quello che Paolo diceva ai Romani: tutto ciò che è stato scritto nelle scritture è stato scritto proprio per te, vuole realizzarsi nella tua vita, vuole illuminarla e donarti l’esperienza della salvezza.

Paolo in tal senso parla della consolazione delle scritture, di una luce cioè che ti aiuta a riconoscere che anche dietro alle circostanze più avverse vi è una volontà salvifica di Dio. Egli aggiunge poi che con la consolazione viene anche la grazia della perseveranza, cioè la grazia di rimanere nella propria storia anche quando tutto sembra essere “contro di noi” certi che viene a noi una salvezza. Una salvezza che non è appunto da raggiungere ma da accogliere: ecco viene dietro di me – annuncia Giovanni – uno che è più forte di me; uno che battezza non solo nell’acqua per la conversione ma anche nello Spirito Santo. Questa è la speranza che supera ogni nostra aspettativa perché annuncia una vita veramente nuova non differente da una vera resurrezione perché la vita naturale che possediamo per sé stessa, senza lo spirito santo, è una vita morta.

Per esprimere questa novità di vita Isaia parla di una sorta di rinnovamento di tutta la creazione per il quale la radice della violenza viene estirpata perfino dal cuore delle bestie feroci: il leone e il bue pascoleranno insieme. Analogamente la radice della paura viene estirpata dal cuore del bambino che si trastulla con la vipera nel suo nido. L’immagine evidentemente vuole evidenziare un altro rinnovamento, anch’esso al di là di ogni iniziativa o soluzione umana, che è lo sradicamento della violenza dal cuore dell’uomo: accoglietevi gli uni gli altri, dirà San Paolo, come Cristo ha accolto voi. Si tratta di passare dall’ostilità all’ospitalità nel proprio cuore fino a divenire un solo sentire ed un solo parlare. Cioè fino ad arrivare a considerare l’altro come parte di un unico corpo di cui Cristo si è fatto servitore e non padrone. La comunicazione violenta che spesso ritroviamo sui socials descrive bene quanto l’uomo può allontanarsi da questo ideale di reciproca accoglienza. Ogni parola della scrittura è scritta per noi, per la nostra consolazione, come è per noi questa voce che grida nel deserto: preparati ad accogliere una grazia, una salvezza, uno Spirito Santo la cui forza supera persino la santità del Battista. Questo spirito che può tirare figli di Abramo dalle pietre cosa non potrebbe fare nella nostra vita e nel nostro cuore se solo sapessimo accoglierlo.

Che cosa impedisce questa accoglienza? paradossalmente non è la nostra debolezza ma la nostra preoccupazione di costruire una giustizia nostra. i farisei e i sadducei che andavano da Giovanni non erano persone particolarmente malvagie. Essi, tuttavia, consideravano l’essere figli di Abramo non una grazia ma un merito ed il battesimo di Giovanni non una preparazione ad accogliere un dono che supera le proprie attese ma come un tentativo di mettersi a posto la coscienza. Il richiamo all’ira di Dio allora, più che spaventare, dovrebbe scuotere la coscienza ed illuminarci riguardo al fatto che noi consideriamo spesso come una piccola cosa ciò che invece agli occhi di Dio è estremamente serio. Voler sfuggire a questa ira significa non dare ad essa il giusto peso e quindi voler sfuggire alle proprie responsabilità, accontentandosi di una religiosità fatta di formalità. Il rinnovamento che Dio vuol portare nella nostra vita non è un semplice aggiustamento ma una vera rinascita. Quando Giovanni annuncia che la scure è posta alla radice dell’albero non esprime solo una condanna di tutto ciò che è male ma anche una promessa. Infatti, è proprio dalla radice di Jesse, da una stirpe ridotta ormai ad un ceppo che Dio farà germogliare un uomo nuovo sul quale finalmente lo Spirito Santo potrà riposare. La promessa è che la rovina del nostro uomo vecchio non è la fine ma l’inizio.