Limone domenica 24 luglio 2022  17/c

Un giorno Gesù si trovava a pregare da solo mentre gli apostoli lo osservavano senza veramente sentirsi capaci di imitarlo, di unirsi a lui, di cogliere pienamente la modalità di quella preghiera che non era come le altre che potevano osservare al tempio, alla sinagoga o in altre circostanze quotidiane. Capivano che Gesù pregava in maniera differente e non potevano non chiedergli di insegnare loro a fare lo stesso. Gesù non esita a rispondere direttamente alla loro richiesta consegnando loro delle parole brevi ed essenziali che abbracciamo tutta la nostra vita e tutta la realtà: il nostro venire all’esistenza come figli di un padre che vuole realizzare in noi un disegno di santità e una volontà di amore; il nostro procedere nell’esistenza giorno per giorno, sostenuti da un pane che ci fa crescere sia materialmente che spiritualmente, e rinnovarti dall’esperienza del perdono dato e ricevuto che ci rende forti davanti alla tentazione. Finalmente il compimento della nostra esistenza che è la libertà dal male, anzi più precisamente, la libertà dal maligno.

Non e’ poca cosa poter arrivare a questo compimento della nostra esistenza perché essere liberi dal maligno significa ritrovare la liberta da tutto ciò che sperimentiamo come resistenza, fatica ad amare, gelosia, odio, preoccupazione inutile e stancante, insomma impedimento a fare il bene che conosciamo. Qualsiasi cosa buona potessimo chiedere e ricevere da Dio, essa non servirebbe a nulla se alla fine non ci liberasse dal maligno e quindi non facesse di noi che siamo cattivi delle persone buone, figli di un padre buono e partecipi della sua stessa vita, cioè dello Spirito Santo.

Ma perché allora Gesù non ci hanno insegnato a chiedere semplicemente è direttamente questo dono dello Spirito Santo? fondamentalmente perché siamo ancora troppo soddisfatti della mediocrità della nostra vita per accorgerci di essere prigionieri del male, di essere cioè persone in cattività e quindi di vivere una vita inadeguata. Basti pensare a quante cose facciamo, diciamo e pensiamo nella nostra giornata senza cuore, senza vero amore. Certo anche un amico può fare un favore perché spazientito dall’insistenza di un altro e perfino un genitore che agisce contro voglia non arriverebbe mai a dare una pietra invece del pane al figlio che glielo chiede. Ma questa decenza minima di convivenza, cioè il fatto che anche se siamo cattivi possiamo comunque fare cose buone occasionalmente, non toglie che fondamentalmente restiamo prigionieri del maligno e quindi sostanzialmente già morti perché il maligno non ci lascia prima di portarci fino a quel punto: la morte. Questo discorso ci aiuta a capire il Vangelo proclamato da San Paolo: per il battesimo noi siamo stati sepolti con Cristo. Siamo stati posti cioè già oltre la morte, la quale appunto precede la sepoltura, affinché chi crede possa già ora risuscitare con Cristo, partecipare ad una vita nuova che è anche una vita buona in quanto sostenuta dall’amore dello Spirito Santo. Se uno crede in questa possibilità di avere lo Spirito Santo non deve far altro che chiederlo, e quindi pregare. Occorre però pregare con fede, con un desiderio vero, profondo. Potremmo dire con il desiderio di un povero mendicante che dell’aiuto ha bisogno per vivere. Cercare, bussare, chiedere non sono atteggiamenti spontanei. Essi suscitano imbarazzo, esitazione, insicurezza perché noi siamo tendenzialmente autosufficienti ed autoreferenziali. Cercate e troverete dice Gesù. Non accontentatevi di ciò che avete già trovato. Bussate e vi sarà aperto. Non fermatevi né dinanzi ad un ostacolo né dinanzi ad un risultato parziale. Chiedete ed otterrete. Non presupponente di bastare a voi stessi. I morti non possono darsi la vita da soli e i cattivi non possono diventare buoni e liberi a forza di buona volontà e sudore. Dobbiamo pregare quindi per avere il dono dello Spirito Santo. Dobbiamo chiedere al padre della vita che ci dia la pienezza della vita quaggiù e nell’eternità. Al contrario senza lo Spirito Santo e quindi senza la preghiera che lo domanda diventiamo sempre più prigionieri del male e ci manifestiamo dunque sempre più per quello che siamo: cattivi.

Questo non è solo un problema individuale ma anche un problema sociale. Il libro della genesi racconta di come Dio sia sceso a vedere il grande peccato di Sodoma, come cioè la cattiveria dei singoli si fosse estesa ad un’intera città. Invece della preghiera ciò che sale fino a Dio è il rumore del peccato. Il peccato fa rumore quando è accettato e addirittura ostentato con sfacciataggine e quando produce il grido sofferto dell’ingiustizia e della violenza. Il discendere Di Dio verso Sodoma va inteso, allora, come un atto di misericordia e non come un desiderio di punizione. Dio non cerca, come emerge dal dialogo con Abramo, di verificare se il peccato di Sodoma sia davvero così grande. Lo sa bene. Egli viene a verificare se vi sia almeno un giusto in quella città. Qualcuno a partire dal quale poter rinnovare anche tutti gli altri. Non lo trova a Sodoma. Lo troverà nel suo Figlio Gesù che morendo a tolto di mezzo il giudizio di condanna per l’umanità intera.