Lc. 5,1-11 Dom. V anno C
Da quando ha iniziato la sua vita pubblica, Gesù ha sempre agito da solo (nella sinagoga di Nazareth e in Cafarnao). Infatti i discepoli non vengono nominati. Adesso Luca inserisce la chiamata dei primi discepoli e in particolare quella di Pietro. Anche il testo evangelico di oggi, all’inizio, è dominato dalla persona di Gesù, che stando in piedi sulla riva del lago, parla alla folla che “faceva ressa attorno per ascoltare la Parola di Dio”. Gesù è il primo evangelizzatore, in quanto proclama la Parola. La fede nasce dall’ascolto della Parola (Rom.10,17): gli ascoltatori della Parola saranno coloro che costituiscono la famiglia di Gesù (Lc.11,28).
Non ci viene riportato il contenuto di ciò che Gesù diceva, ma sicuramente le sue parole rivelavano Dio, il progetto di Dio, orientavano verso Dio e come operava nella vita di ciascuno.
Simone aveva già incontrato Gesù, quando gli curò la suocera dalla febbre (Lc.4,38.39).  In quella scena, non ha detto e non fece nulla, mentre adesso viene coinvolto, perché Gesù ha bisogno di collaboratori. Non sceglie i più bravi, i più buoni, colti, molto religiosi, ma persone semplici, come dei pescatori. La chiamata di Gesù avviene sul lago e non nel Tempio, in una qualunque giornata lavorativa e non in un periodo di preghiera prolungata.
Così, per continuare a insegnare alla folla, Gesù domanda a Simone di poter salire sulla sua barca, che gli fa da cattedra (rispecchia la dimensione ecclesiale del testo). Per cui Simone si trova, con Gesù, sulla barca. Intanto i pescatori lavavano le reti a terra.
Terminato di parlare alla folla, Gesù chiede a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostri reti per la pesca” (notare il gioco dal singolare al plurale). Prendere il largo, implica movimento, spostamento non solo da un ambiente all’altro, ma uscire da se stessi, dalle nostre paure, scuse, comodità, certezze, dai propri schemi abituali per avvicinarsi all’altro, a nuove culture, possibilità, speranze, motivazioni, a una Chiesa nuova. Significa rischiare, tentare, giocarsi, fidarsi di se stessi e della Parola. Al “largo” trovo ciò che ancora non sono; al “largo” vengo pescato per dare il meglio di me stesso.
Di fronte alla richiesta piuttosto insensata di Gesù, Simone rimane perplesso in quanto, di solito, si pesca di notte e mai di giorno. Lui è reduce, con i suoi compagni, di una pesca infruttuosa: un fallimento, una delusione, una frustrazione, uno sforzo inutile. Anche se quella notte la pesca è andata a vuoto, non significa che nel lago manchino i pesci; anche se nella nostra vita ci sono stati diversi fallimenti, non significa che sempre vada così.
Qui si riflette la situazione di quei cristiani a cui Luca si rivolge: erano già battezzati, avevano ricevuto il dono della Parola, sono stati chiamati, si erano impegnati e poi hanno fatto l’esperienza di non pescare nulla, nonostante i loro sforzi. Si scoprono sterili, falliti, peccatori. Ma la loro incapacità e miseria diventa, secondo Luca, il luogo in cui saranno pescati, salvati. Allora potranno iniziare a seguire davvero Gesù. Anche il fatto che Gesù, sulla barca di Simone, si è “scostato un poco da terra” per insegnare, ci fa capire che per pescare/salvare gli uomini non è un’arte, una professione, un mestiere che si impara secondo la mentalità di questo mondo, ma occorre fidarsi di Lui. Ciò si riflette nell’esperienza di Simone.
Simone accetta la sfida; “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (sono le prime parole pronunciate da Simone nel vangelo di Luca).
È diverso ascoltare con interesse Gesù, cooperare a diffondere la sua Parola, rispetto ad assumere e vivere con fiducia la Parola nella propria vita: spesso la Parola ci spinge ad agire contro le nostre abitudini, mentalità, tradizioni, logica. Per noi, invece, è sensato solo quello che riusciamo a fare.
Simone, nonostante la stanchezza, getta le reti con fiducia: agisce non per bravura, competenza, professionalità, esperienza, ma guidato dalla Parola di Gesù, la cui efficacia e forza aveva constatato sulla sua suocera. Gettate le reti, la Parola di Gesù le riempie di pesci, perché Simone l’ha presa sul serio, ci ha creduto, coinvolgendo anche i suoi compagni (l’evangelizzazione non è un’attività per professionisti, esperti, super-eroi, ma un lavoro in “rete”). La pesca è stata abbondante, oltre le aspettative: le reti quasi si spezzano, occorre l’aiuto di altri per caricare tutto il pesce, le barche riempite quasi affondano.
Si può pensare che tale pesca straordinaria sia stata un colpo di fortuna da principianti o una circostanza fortuita, ma Simone intuisce che è un segno che cambierà la sua vita. Riconosce di essere alla presenza di un mistero che non comprende. Si sente una persona fragile, con paura, difetti e confessa la sua miseria: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (per la prima volta Luca usa il termine Pietro).
Nel linguaggio biblico, riconoscersi “peccatore”, esprime la reazione tipica dell’uomo davanti alla manifestazione di Dio, nel trovarsi “faccia a faccia” con il potere di Dio. Simone non nomina nessun peccato in particolare, ma sperimenta la distanza tra il suo essere creatura e la santità di Dio. Nel segno della pesca abbondante, Simone capisce di essere stato incontrato e salvato da Gesù.
Come tanti personaggi dell’A.T., reagisce di fronte alla chiamata del Signore: nella 1° lettura, Isaia ha una visione nel Tempio e vede il Signore seduto sul trono, circondato da Serafini che lodano Dio tre volte santo. La sua reazione è di paura e riconosce di essere indegno, impuro, peccatore, di stare davanti a Dio. Così anche S. Paolo, nella 2° lettura, si considera un “aborto”, il più piccolo tra gli apostoli, “e non degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa”.
Gesù non nega che Simone sia più o meno peccatore degli altri, ma lo incoraggia: “Non temere”. Invito molto frequente nella Bibbia (si ripete almeno 365 volte) che, di solito, precede il momento della vocazione, per evitare la scusa di allontanare il Signore, per non impegnarsi a collaborare con Lui. È un dono che Dio concede all’uomo/donna chiamati, senza il quale non potrebbero accogliere e vivere la missione affidatagli. Un dono che consente di evitare la tentazione di appoggiarsi solo sulle nostre capacità, forze, conoscenze e abilità: “senza di me non potete fare nulla” (Gv.15,6).
Allora Gesù affida a Simone un incarico: “D’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Simone, rimanendo pescatore, dovrà portare gli uomini alla vita, a salvare la loro vita. Diventa il primo collaboratore di Gesù, perché, con i suoi compagni, è stato pescato da Gesù, attratto da Lui, caduto nella sua rete, catturato dalla sua Parola e dal suo amore. Questo è il vero “miracolo” avvenuto sul lago di Gennèsaret.
Il vangelo conclude dicendo che i tre discepoli lasciano tutto e seguono Gesù, non per disprezzo verso il lavoro materiale, nemmeno come fuga dal mondo, me per rimanere con Gesù, per ascoltare la sua Parola e mettersi in comunione e al servizio degli uomini/donne.
Simone, Giacomo e Giovanni rappresentano tutti noi: Gesù passa nel mare della nostra storia, vuole salire sulla barca della nostra vita, anche se è ancorata, vuota, testimone delle nostre scelte sbagliate, fallimenti e delusioni, per incoraggiarci a non mollare e ripartire da quel poco che abbiamo, che sappiamo fare, per rialzarci ad ogni nostra caduta. Lui non rimane deluso dei nostri limiti, peccati, difetti, ma ci sprona ad andare al “largo” per “pescare” coloro che vivono in situazione di morte e di tenebre.
Accettare di essere pescatori di uomini/donne significa che ci importa la vita, la salvezza, la dignità e la salute e la libertà di tutti, soprattutto di coloro che sono vittime di fragilità e povertà esistenziali, vittime di ingiustizia, fame e guerra, di mancanza di dignità e diritti umani.
Forse il problema principale, oggi, per la nostra barca, per le nostre comunità cristiane, non è che siamo più o meno capaci o esperti, che manchino le barche (mezzi per realizzare la “pesca”) o le reti (metodi, progetti pastorali, documenti ecclesiali), ma se ascoltiamo la sua Parola e ci fidiamo di essa. Senza l’ascolto, poi, mancano anche i pescatori.
Sono le nostre scelte che ci mostrano chi siamo veramente, molto di più delle nostre capacità” (Harry Poter e la Camera dei Segreti)