29 dicembre 2024- Santa famiglia / Anno C
L’affidamento di Samuele al tempio dopo essere stato svezzato ed il ritrovamento al tempio di Gesù all’età di 12 anni richiamano al fatto che la casa di Dio è fondamentalmente destinata a diventare anche la nostra “casa” e quindi uno spazio dove ci si ama “da vicino” e “per sempre” proprio come in famiglia. Non c’è un legame familiare che possa essere cancellato del tutto, nemmeno da una morte, un divorzio, una sofferenza, cosi come non si può cancellare l’amore di Dio per noi. Quale grande amore, dice Giovanni con stupore, ci ha dato il padre chiamandoci figli e mettendoci nella condizione di esserlo, di vivere, cioè, come tali. Questo amore è grande perché superiore a quello umano ma anche perché è uno spazio infinitamente accogliente ed uno spazio nel quale siamo tutti chiamati a “rimanere”.
Gesù spiega questo rimanere nell’amore del Padre in modo singolare quando dice ai suoi genitori stupiti: non sapevate che è necessario che io sia nelle cose del Padre mio? Essere nelle cose del Padre non è fare questo o quello ma vivere nel desiderio di cercare la volontà del Padre e quindi di allineare costantemente la propria volontà alla sua. Questo allineamento non consiste nell’esecuzione di regole e non si impara sui libri ma consiste piuttosto in un cammino di crescita di tutta la persona che a poco a poco dovrebbe innanzitutto imparare ad amare. Papa Francesco definisce l’amore come “l’arte delle arti” e ricorda che essa implica un apprendimento lento e graduale che parte da zero.
Ma proprio perché questa chiamata parte da zero essa ha bisogno di un contesto per crescere e quindi di una famiglia. La famiglia naturale, di un padre e di una madre, ma anche la comunità cristiana che si struttura secondo relazioni di tipo familiare e che esiste proprio per custodire l’essenziale del comandamento: la fede e l’amore reciproco. Nessuno altrimenti partendo da zero potrebbe da solo arrivare a qualcosa o comunque durare a lungo. La famiglia, persino la famiglia non cristiana, è data dunque, come il luogo privilegiato in cui Dio fa giungere la sua chiamata a diventare suoi figli ed amare secondo il suo grande amore.
Si tratta di prendere seriamente il compito di imparare questa arte di amare. Spesso si pensa a Gesù al tempio mentre insegna ai dottori. In realtà Luca dice che Gesù ascoltava e faceva domande. Quindi imparava innanzitutto. Certo le domande di Gesù erano così profonde e intelligenti da stupire i dottori del tempio e portarli a fare domande a loro volta cui Gesù rispondeva con sapienza. Ma a scanso di equivoci Luca dice chiaramente che, tornato a Nazareth, Gesù restava sottomesso ai genitori. Benché egli capisse molte cose che essi non capivano ancora, Gesù conservava un atteggiamento di obbedienza, intesa nel suo senso più profondo di capacità di imparare, di crescere, di migliorarsi.
Questo, tra l’altro, ci ricorda che dovremmo essere pronti a ricominciare da zero nell’apprendimento dell’arte dell’amore ogni giorno della vita. Molte storie finiscono non perché le situazioni sono troppo difficili ma perché le persone hanno smesso di imparare. Anche la storia di Anna ed Elkana poteva finire a causa della sterilità di lei. La loro fiducia in Dio permette loro di andare oltre quella sofferenza. Anche Maria e Giuseppe potevano lasciarsi sopraffare dalla perdita del figlio. Il loro tornare indietro verso Gerusalemme, descrive simbolicamente un momento di conversione e quindi, in un certo senso la loro disponibilità a ricominciare ad imparare da zero. Per tre giorni, che evidentemente richiamano il futuro mistero Pasquale del figlio, essi cercano inutilmente Gesù e sono angosciati, senza la percezione dell’amore del padre. Eppure, è proprio questa sofferenza che li illumina rispetto a tante cose che davano per scontate e risveglia in loro il desiderio di imparare questa difficile arte dell’amore. Maria custodiva nel cuore ogni cosa e Giuseppe accetta di rimanere silenziosamente in secondo piano.
Rimanere nelle cose del Padre significa disporsi a questo apprendimento continuo del suo amore. Ma proprio perché esso è difficile e spesso sofferto, il Padre ci dona il suo Figlio perché crediamo in Lui. Se è vero, infatti, che partiamo da zero, è anche vero che possiamo arrivare a qualcosa che supera le nostre aspettative. Siamo già figli di Dio ma quello che saremo non è stato ancora manifestato. Sappiamo però che saremo simili a Dio perché vedremo Dio come egli è veramente. Questo non è subito evidente. Il mondo non ci riconosce, ricorda Giovanni, perché la vita cristiana non appare subito diversa o straordinaria rispetto ad ogni altra vita. Essa e’ fondamentalmente vita di casa o di famiglia orientata alla grande casa del Padre. Al contempo, per la fede, essa e’ vita animata segretamente dallo Spirito Santo che ci permette di diventare tempio di Dio, di imparare momento per momento, come Gesù, come Maria e Giuseppe, ad amare come si ama in cielo, veramente da vicino e per sempre. Beato chi abita la tua casa Signore, prega il salmista. Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio e ha le tue vie nel suo cuore.