15 dicembre 2024
La parola di Dio di questa domenica invita il nostro cuore ad aprirsi alla gioia come un dono particolare della venuta del Signore nella nostra vita. Noi normalmente pensiamo alla gioia come ad un sentimento di allegria legato a circostanze felici e cerchiamo di inseguire la felicita senza mai però poterla trattenere. La Parola di Dio ci ricorda che è Dio Colui che conosce realmente il cammino della nostra felicita ed è l’unico, in effetti, che gioisce, si legge in Isaia, più della nostra che non della sua stessa felicita. Giovanni Battista evangelizzava il popolo, cioè, ricordava a tutti che il cammino che conduce alla gioia si chiama conversione. La gioia arriva quando smettiamo di aspettare che cambino gli altri o le situazioni ma quando cominciamo a cambiare da noi stessi e diciamo: cosa devo fare io in questa situazione? Folle, pubblicani e soldati potevano sembrare lontanissimi dalla salvezza; eppure, hanno fiducia che possono cominciare a fare qualcosa nella loro vita. E quando cominci a “muoverti” nella tua vita vuol dire che hai già una qualche gioia nel tuo cuore.
La gioia che viene da Dio, in effetti, e’ una sorta di forza e di energia prima ancora di essere un sentimento. Per questo Isaia può dire: non lasciatevi cadere le braccia. Non arrendetevi. Ci sono è vero delle situazioni difficili nella vita che possono prolungarsi al punto da suggerire la resa. Situazioni che ci fanno dire: “non cambierà nulla, non vale la pena, non c’è nulla da fare.” In questi casi non è tanto questione di credere semplicemente “che andrà tutto bene”. Si tratta di prendere seriamente la buona novella che il signore è in mezzo a noi e che quindi il nostro agire e il nostro soffrire non sono uno sforzo solitario ma una sinergia tra noi e la sua grazia. Per la stessa ragione San Paolo ripete due volte il comando di gioire sempre, anche quando ne avremmo voglia. Non si tratta in effetti di gioire per una ragione o per una circostanza particolare.
La gioia che viene da Dio, egli dice, è una pace che sorpassa ogni comprensione umana. Questa pace inoltre non ha bisogno di essere protetta come faremmo noi in tutte quelle situazioni favorevoli che vorremmo durassero per sempre e che quindi ci portano a scappare dinanzi a piccoli o grandi inconvenienti. Questa pace, che è dono di Dio, non solo non deve essere da noi protetta o custodita ma al contrario è essa stessa che protegge noi e ci rende capaci di affrontare tutte le situazioni della vita. Per questo San Paolo continua: “Non siate ansiosi di nulla, non angustiatevi nelle insicurezze della vita, ma presentate a Dio le vostre richieste e i vostri combattimenti, sicuri che c’è sempre una risposta a queste preghiere.
La risposta non è necessariamente la soluzione che noi abbiamo in mente ma essa è sempre una salvezza che deve essere attesa come un di più che ci sorprende e ci supera. Anche le folle pensavano che Giovanni fosse il messia e quindi che portasse loro la salvezza. Ma, in un certo senso, questo pensiero, per quanto legittimo, esprimeva un tentativo di ridurre la salvezza di Dio alle loro aspettative. Noi tutti siamo regolarmente tentati di fare altrettanto. Di attenderci da Dio quello che è secondo le nostre attese senza renderci conto che quello che attendiamo noi è sempre troppo poco rispetto a ciò che Dio vorrebbe darci. Per questo Giovanni di fronte alle attese della folla non esita a dire, con grande umiltà: quello che voi vedete in me e quindi ogni vostra aspettativa, per grande che essa sia, è nulla dinanzi a colui che viene e che è più forte di noi tutti. E’ più forte delle nostre debolezze ed è più forte anche delle nostre aspirazioni e delle nostre piccole speranze.
Egli viene per una purificazione dei cuori che salva, non semplicemente dai problemi, ma dall’insignificanza, dal vuoto, dalla superficialità delle apparenze. Non vogliamo che la nostra vita e la nostra persona siano paglia facile da bruciare. Vogliamo essere grano per Dio, dice Giovanni. Persone capaci di assimilare gli atteggiamenti di amore, di donazione, di comunione che Gesù ha espresso con il dono della sua vita e che ha racchiuso soprattutto nel mistero del pane eucaristico. Per il dono dello Spirito noi diventiamo grano buono per essere trasformato nel pane di Cristo. Un modo per descrivere concretamente questa trasformazione è l’invito di San Paolo a manifestare a tutti la nostra amabilità. La nostra amabilità diventa nota a tutti quando viviamo in termini di mitezza, di serenità, di cortesia, di benevolenza verso tutti con atteggiamenti che nutrono e non fanno mai male. L’alternativa è vivere sempre più tristi e arrabbiati. La rabbia e l’aggressività che spesso dominano le interazioni sui social, in famiglia, o nel mondo mondo della politica e dell’economia spesso tradiscono una insoddisfazione che rende tristi e che è legata al fatto che ci illudiamo di dover mostrare al mondo tante cose eccetto la nostra amabilità. Cerchiamo innanzitutto di divenire più buoni ed amabili e poco alla volta ci scopriremo sempre più felici.