16 giugno 2024 XI / B

Nel Vangelo di oggi Gesù parla del Regno di Dio, dell’agire di Dio nella nostra vita e nella nostra storia e a questo proposito dice alcune cose importanti. Gesù dice innanzitutto che il Regno di Dio ha un suo compimento sicuro, caratterizzato da un frutto pieno e maturo per il raccolto. Ciò non significa che il Regno cresce magicamente o per salti imprevedibili. Al contrario esso si sviluppa secondo una sua gradualità come le piante della terra. Ciò che è sicuro e che tale sviluppo non conosce interruzione o fallimento. Indipendentemente dallo sforzo dell’uomo che può vegliare o dormire, lavorare oppure riposare, continua a crescere ed arriva comunque al suo compimento. Come l’uomo non lo sa. Ciò avviene in maniera non prevedibile. Come l’uomo non lo sa. Avviene in un modo non determinabile.

L’uomo può certo indagare e riconoscere molte leggi che governano l’evoluzione delle cose, ma non potrà mai arrivare a comprendere come tutto, proprio tutto, anche il male, posso alla fine essere ricondotto al bene. Come tutto alla fine possa rivelarsi la risposta ad un disegno, non semplicemente intelligente, ma più in senso più profondo, un disegno di amore. Come, l’uomo non lo sa, ma sa che alla fine ci sarà un raccolto. Non ci saranno dei perché senza risposta e non ci sarà nulla di troppo e nulla di troppo poco. L’unica cosa che può venir meno in tutto ciò sarà eventualmente la nostra corrispondenza all’opera della grazia. Se, dunque, il Regno di Dio ha sempre un suo compimento assicurato, è anche vero che esso ha sempre un suo inizio umile e nascosto.

Come per il granello di senape, che è il più piccolo dei semi, ma diventa un grande albero, l’inizio di ogni opera divina è sempre umile e nascosto proprio perché essa deve differenziarsi dall’opera dell’uomo che si basa invece sui mezzi calcolabili e sulle circostanze favorevoli. Dio, profetizza Ezechiele, prende un ramoscello tenero e piccolo di un grande albero per trapiantarlo e farlo crescere. Questo rende evidente che l’opera di Dio è sovrana perché abbassa l’albero alto ed innalza quello basso. Essa è anche totalmente libera e gratuita perché fa seccare l’albero verde e fiorire quello secco. Tutto ciò, tuttavia, non in maniera arbitraria, ma sempre in vista di una gioia condivisa, perché alla fine tutti, piccoli e grandi, possano rallegrarsi dell’opera di Dio, come gli uccelli si rallegrano dell’ombra del cedro per la cui crescita essi non han fatto nulla. Tutte queste cose sembrano abbastanza semplici ed ovvie eppure, continua Gesù, esse interpellano la fede di chi ascolta.

Non ci saranno mai abbastanza parabole ed immagini per descrivere il mistero del Regno. E non ci saranno mai abbastanza spiegazioni di questo Regno che possano esaurire o addirittura sostituire le parabole. Quando parlava del Regno Gesù usava sempre delle parabole e senza parabole non parlava alla folla. La conseguenza immediata di tutto ciò è che l’accoglienza del vangelo del Regno non dipende dall’intelligenza o dallo studio ma dalla qualità dell’ascolto di ciascuno. Cioè, dalla disponibilità interiore di ciascuno a lasciarsi provocare, interpellare, cambiare e anche contraddire dalla realtà e dalla parola di Gesù. In breve dalla disponibilità di ciascuno ad entrare in una logica di conversione al Regno di Dio. Per descrivere questa logica di conversione al Regno di Dio San Paolo fa un discorso che non è di immediata comprensione. Il Regno di Dio, egli dice, non è esterno a noi stessi, ma tocca tutta la nostra persona. Si realizza nel nostro corpo, nelle nostre decisioni personali di ogni giorno. Questo nostro corpo, infatti, ha come suo compimento il corpo risorto del Signore. Questo implica che, se vogliamo vivere solo “vicini” a noi stessi, cioè, preoccupati solo del corpo mortale ci allontaniamo dal corpo risorto, cioè dal compimento della nostra vocazione divina. Se invece entriamo nella logica del Regno di Dio e tendiamo a conformarci al corpo risorto di Cristo, se desideriamo la conversione, se amiamo di sottoporre ciò che facciamo nel corpo al giudizio di Cristo, noi abbiamo fiducia che questa nostra umile realtà si trasforma proprio secondo la forza del Regno di Dio, secondo la potenza di colui che fa crescere il ramoscello per farne un grande albero.

Non si tratta di diventare da noi stessi un grande albero. Voler diventare grandi significa spesso voler diventare “diversi” da quello che si è e voler colmare una voragine incolmabile o nutrire bisogni insaziabili. Troppo spesso si finisce per vivere non nel corpo ma nei nostri desideri, e spesso a spese dello stesso corpo. La conversione implica essere sempre confidenti, cioè, accogliere la realtà come essa si presenta, e camminare nella fede, cioè conservare la fiducia che quella realtà, deve essere sottoposta non al giudizio umano ma a quello di Cristo che e’ un giudizio che fa crescere sempre, sia che dormiamo sia che vegliamo; un giudizio che fa crescere il piccolo ramo ed umilia il grande cedro.