9 giugno 2024 – domenica X / b
Il Vangelo di oggi ci mostra Gesù che fin dall’inizio del suo mistero si presenta come colui che combatte il male e che può vincerlo scacciando i demoni. Ma non è solo questo. Il fatto che si dedichi al suo ministero anche a costo di “non prendere pane” significa che, contrariamente ad Adamo all’inizio della creazione, Gesù è capace di mettere da parte la sua fame per dare precedenza alla volontà del Padre. Egli non si limita a scacciare i demoni ma vive libero dal peccato e quindi ama con una generosità “esagerata”. Questo, tuttavia, invece di suscitare ammirazione sembra suscitare incomprensione. Quelli che erano presso di lui e che lo circondavano più da vicino vogliono andare a riprenderlo perché pensano che sia impazzito. La loro reazione non è insolita. Chiunque, infatti, cercasse di prendere seriamente il Vangelo e di vivere con quel pizzico di generosità esagerata che esso richiede: il perdono, il servizio, l’umiltà etc., piuttosto che impressionare susciterebbe nella maggioranza di quelli che gli stanno intorno il bisogno di riportarlo alla “normalità”: sei impazzito… chi te lo fa fare, pensa a te stesso, circondati di persone positive, bisogna saper stare al mondo etc. Il mondo vorrebbe convincerti che puoi vivere felice anche senza Dio. La qual cosa è anche vera. Si può vivere felici senza Dio non perché Dio non c’entra con la vita ma perché Egli la dona gratuitamente, a prescindere dal nostro bisogno di Lui. È possibile di fatto ricevere la vita da Dio senza accorgersi di Lui. Il punto è che vivere felici non è la stessa cosa che essere felici. E soprattutto il punto è che, se si può vivere felici anche senza Dio, non si può essere felici senza amore e l’amore viene dallo Spirito Santo e non da noi. Per questo Gesù può dire che ogni trasgressione, ogni bestemmia, ogni ribellione a Dio può essere perdonata. Ma chi resiste allo Spirito Santo, chi disprezza ignora o rinuncia alla sua vocazione di essere una creatura amante, di amare “esageratamente” secondo la misura di Dio, condanna se stesso a vivere una vita diminuita e finalmente a perdere per sempre la comunione con la vita di Dio.
Gesù non è venuto per “aggiustare” la nostra umanità ma per dare origine, come un nuovo Adamo, ad una umanità nuova che fosse capace di accogliere lo Spirito Santo e quindi la vita di Dio proprio come Gesù stesso nella sua umanità: chi crede diventa per me fratello, sorella e madre. Questa nuova umanità, tuttavia, non può nascere da uno sforzo umano in quanto supera qulasiasi giustizia che può venire dalla legge o da una nostra “religiosità”. Per il mondo essa appare una “pazzia” ma anche gli scribi che venivano da Gerusalemme la vita nello Spirito Santo è vista con sospetto. Essi vedevano bene che Gesù non era né sacerdote, né scriba, né particolarmente ascetico come il Battista. Da dove gli veniva questo potere sui demoni? Non sarà che esso gli venga proprio da loro? Gesù sembra comprendere questo stupore degli scribi e li chiama a sé perché riflettano. Se un uomo si mostra più forte del demonio non può essere che questa forza gli sia data dal demonio stesso perché nessuna realtà divisa in se stessa può sussistere. Uno forte può essere legato solo da uno più forte di lui. Se dunque all’uomo è dato di vincere il demonio allora il Regno di Dio si è fatto presente all’uomo. Si è finalmente compiuta quella promessa di vittoria che Dio aveva fatto nella genesi dopo il peccato. La discendenza di una donna schiaccerà il capo al seduttore dell’umanità. In Gesù Dio ritorna a cercare l’uomo come cercava Adamo nel giardino per invitarlo ad accogliere lo Spirito Santo e ritrovare la comunione con la vita divina che aveva perso con il peccato.
Ma proprio questa accoglienza dello Spirito Santo è problematica sia per l’uomo mondano che la considera una pazzia sia per l’uomo religioso che la considera un’impossibilita in quanto non “conquistabile” con meriti umani. Lo Spirito Santo, infatti, non cambia la natura delle cose, ma si nasconde nella nostra umanità, fino a lasciarsi seppellire con essa. Ma proprio allora si realizza la vittoria che schiaccia il capo alla morte perché, quello che sembrava corrompersi, in realtà si è trasformato in un seme vitale che porta in sé la partecipazione alla vita risorta e che proprio nella morte esplode di vita eterna. Lo Spirito Santo non cambia il nostro modo di vivere, gioire, soffrire, amare umanamente. Lo Spirito cambia la natura della nostra morte, anzi cambia la natura del nostro “morire” quotidiano, facendo sì che, ciò che agli occhi della carne appare corruzione, fatica, sofferenza, diventi per la fede occasione di un rinnovamento che dà a Dio la possibilità di impregnare il nostro cuore con il dono del suo Spirito e preparare per noi una dimora che non è più di questo mondo ma partecipa alla vita del cielo.
Ma “per vedere” tutto ciò occorre appunto la fede. Lo sguardo dell’uomo sulla realtà è oscurato. Il peccato, che doveva aprire gli occhi ad Adamo per fargli conoscere il bene e il male, in realtà glieli ha chiusi. Dopo il peccato l’uomo si vede nudo, non perché egli veda quello che prima non vedeva, ma perché non vede più quello che prima vedeva: la sua gloria di figlio di Dio, il suo destino di felicità. Per questo facciamo così fatica a credere esistenzialmente all’amore di Dio, perché continuiamo a vedere solo la nostra nudità. Non vediamo più la nostra gloria. È la fede, dice Paolo, che devi riaprici gli occhi perché possiamo comprendere che tutto è per noi, che siamo resuscitati con Gesù, che la nostra vita partecipa alla vita di Dio. Per la fede “vediamo” ciò che non e’ evidente ala carne: che, se l’uomo esteriore decade, quello interiore si rinnova. Per la fede vediamo che alla leggerezza delle tribolazioni presenti si oppone un peso di gloria incomparabile. Per la fede vediamo che le cose visibili sono delle circostanze, e quindi non durano, mentre il nostro destino, che è ancora invisibile, è per sempre. Queste cose non lo vediamo con gli occhi della carne ma possiamo crederle. Ma proprio perché crediamo, proprio per questo parliamo. Annunciamo, cioè, il fatto che ciò che Dio promette, se creduto, diventa esperienza.