25 febbraio 2024 -II di Quaresima/B

C’è una conclusione singolare nell’episodio del sacrificio di Isacco. Al termine della prova, infatti, Dio riconosce che l’amore di Abramo è sincero. Dio riconosce, cioè, che Abramo non ha agito per timore, per costrizione e nemmeno per fanatismo religioso. Abramo ha agito per amore ed anzi ha visto il suo amore crescere e purificarsi proprio mentre avanzava verso il luogo del sacrificio. In quei tre giorni di cammino verso il monte Abramo si è trasfigurato. Avrebbe potuto pensare quello che ciascuno di noi pensa quando nella vita è confrontato da una prova, da una sofferenza oppure da una contraddizione: Perché proprio a me e non ad altri? Che cosa ho fatto di male? Perché Dio non mantiene le sue promesse?

E invece Abramo non si lascia sopraffare da questi pensieri e dice piuttosto nel suo cuore: Dio provvederà. Egli cammina nella fede, nella fiducia, cioè, che Dio non è uno che toglie la vita ma uno che la dona perché Egli solo ama con un amore eterno che va oltre la morte. Questa certezza interiore fa di lui il padre della fede, di quella fede che anche noi siamo chiamati ad approfondire ogni volta che al termine del credo diciamo: credo la vita eterna. Quella stessa fede che cominciava a maturare nel cuore dei discepoli quando, scendendo dal monte, si interrogavano che cosa significasse risorgere dai morti. Questo è un passaggio fondamentale perché è solo a partire da questa fede che è possibile superare l’inganno di una falsa fede dominata dalla paura e quindi incapace di diventare operativa, di trasfigurare il nostro cuore nella luce. Poiché, infatti, per quanto lunga e beata possa essere una vita, noi tutti moriamo, allora sarà sempre possibile al nemico suggerire al nostro cuore che alla fine Dio è un Dio che si riprende quello che dà perché toglie la vita.

Come posso amare un Dio che toglie la vita? Posso temerlo forse, ma non posso amarlo. Anche perché la morte non viene solo ad un tempo fissato, a missione compiuta, nel modo atteso. La morte arriva in circostanze così imprevedibili da contraddire ogni aspettativa. Certo puoi distrarti e illuderti che una vita promettente avrà un suo compimento sicuro. Ma se ti fermi un attimo a pensare sai che basta un piccolo incidente per capovolgere tutto. La morte insinua subdolamente e costantemente nel nostro cuore il dubbio che Dio sia contro di noi; E non c’è nulla che possa cancellare questo dubbio che Dio sia contro di me dinanzi al fatto della morte. C’è solo la possibilità di credere che Dio possa compiere la sua promessa di vita, non senza la morte e comunque non solo prima della morte, ma proprio attraverso la morte. La fede proclama, grida, riafferma che Dio dona la vita, la vita che vince la morte, la vita eterna, la vita piena. È questa fede che si compie nella resurrezione di Gesù che fa dire a San Paolo: se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Chi accuserà? continua San Paolo, Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù intercede per noi. Gesù ed il suo sacrificio sulla croce sono la testimonianza perenne del fatto che Dio è per noi. Ma questa testimonianza fa fatica a penetrare nel nostro cuore.

Era bello per i discepoli stare in quel luogo; eppure, erano pieni di paura, quasi che la vita di Dio sia più di quello che l’uomo possa reggere e quindi lo avvicini pericolosamente alla morte. Essi volevano fare delle tende per Gesù, per Elia e per Mosè ma non per sé stessi quasi temessero di condividere una vita che percepivano non fosse per loro. Eppure, la trasfigurazione descrive quanto della vita di Dio possa starci nell’uomo Gesù e quindi quanta vita di Dio possa starci in me e in te e in ogni uomo. Essa rende evidente che in Gesù abitava la pienezza della divinità e che quindi anche in noi può starci tutta la vita Dio. Se ci ha dato il suo Figlio, dice Paolo, cosa non ci darà insieme con Lui? Tutta la legge e tutte le profezie simboleggiate da Mose ed Elia che parlano con Gesù passano a noi che lo ascoltiamo, che gli diamo fiducia. Noi crediamo che Dio è per noi, che la sua vita è per noi, che i nostri corpi mortali saranno trasfigurati nella gloria. Noi crediamo la vita eterna. Il percorso quaresimale conduce proprio verso il mistero della Pasqua come il mistero che, pur compiendosi pienamente alla resurrezione dei morti, si riverbera e si rivela fin da ora attraverso la trasfigurazione dei nostri corpi mortali che diventano capaci di contenere la vita divina.

Il riferimento alle vesti di Cristo che diventano bianche, come nessun lavandaio sulla terra avrebbe potuto renderle, richiama il nostro battesimo. Per esso anche noi siamo stati lavati, ci siamo rivestiti di Cristo e cominciamo fin da ora il nostro cammino di trasfigurazione. Per vivere luminosi e per portare luce nel mondo, nella famiglia, nella società. Anche laddove vi fosse soltanto tenebra. La pienezza della nostra fede è la fiducia nel fatto che niente meno della vita di Dio attende di esprimersi nella nostra vita. Dio ci ha dato tutto suo figlio perché tutto di Lui riviva in noi, il più possibile, il più presto possibile: ascoltatelo.