Domenica 25 novembre 2023 – Cristo re

Come per un uomo è venuta la morte così per un uomo viene la vita risorta, scrive San Paolo. Noi tutti vivevamo una vita che muore. A causa di Cristo possiamo partecipare ad una vita che risorge e regna con Lui perché non è  più sottomessa alla morte. Il compimento di questo regno, continua San Paolo, è  “Dio tutto in tutti.” Ma esso non si realizza in un colpo solo ma secondo un ordine, un crescendo. Prima viene la resurrezione di Cristo, quindi viene un tempo in cui egli deve vincere in noi tutto ciò che non è  Dio. Deve mettere sotto i suoi piedi tutti quei nemici che precedono l’ultimo nemico che è  la morte. Questo tempo, dunque, è  un tempo di combattimento in cui Cristo vuole regnare dentro e fuori di noi, esercitando il suo potere di “dare la vita”.

In tal senso la resurrezione compie la profezia di Ezechiele. Poiché i pastori di Israele sono stati incapaci di condurre il popolo alla vita piena, Dio stesso se ne fa carico. È  Dio che nutre il suo gregge, lo fa riposare, cerca chi è  perduto, fascia la pecora ferita, guarisce quella malata e si prende cura anche di quella grassa. Perché tutti, che ce ne rendiamo conto o meno, tutti siamo mendicanti, bisognosi di un amore più forte delle nostre debolezze e finalmente più forte della morte stessa. La pecora fragile è  sostenuta perché viva, quella forte è  preservata perché non torni a morire. In ogni momento della vita Cristo combatte con noi per mantenerci nell’amore. Non vediamo adesso come Cristo sia nel povero, come Egli sia nell’eucaristia e come Egli sia nel nostro stesso cuore. Nel racconto del giudizio finale il protagonista di ogni interazione è Cristo anche se nessuno se ne accorge. Eppure, è Lui solo che può riconoscere, come il pastore le proprie pecore, chi ha accolto il suo dono di vita e chi invece lo ha rifiutato. Allora diventerà evidente che l’unica cosa che separa un cuore da un altro non è la lingua, o la razza, ma l’amore dello Spirito Santo che lo abita. O impariamo a vivere la vita di Cristo fino al punto che Dio sia tutto in tutti oppure rimaniamo nella nostra vita mortale e nella nostra solitudine.

Ma proprio perché potremmo non accorgerci di come Cristo si fa presente nella nostra vita, di come egli combatte per noi, ci viene dato questo vangelo del vangelo sul giudizio universale come una luce sul nostro presente. Esso fondamentalmente ci illumina circa il fatto che la nostra apertura alla grazia non è  data dall’intelligenza o da nostre qualità particolari ma dalla compassione. Ma questa compassione non è  scontata per noi perché il nostro cuore tende a rimanere nella sua indifferenza, nel suo egoismo, nella sua solitudine e alla fine nella sua morte. Perché senza amore non viviamo. E la possibilità di amare non è niente di meno che una resurrezione. Una partecipazione alla vittoria di Cristo. Concretamente questo significa che, quando accetti di donarti a quella singola persona che è vicino a te e che potresti anche ignorare o disprezzare perché piccola e insignificante, tu non sei solo. Che te ne accorga o meno tu partecipi alla vittoria di Cristo, partecipi sempre di più alla sua vita risorta che ti tira fuori dalla tua morte. Oppure rimani nella tua “normalità”, non combatti per amare e quindi nemmeno cresci nell’amore.

Magari fai tante cose utili per gli altri, fai anche tanta elemosina senza difficolta, ma c’è una singola persona accanto a te che attiva un combattimento nel tuo cuore: quel povero che ti infastidisce, quel malato che ti fa innervosire, quella persona in casa che ti è  diventata estranea anche se non è  propriamente uno straniero; sono quelle situazioni che portano alla luce il fatto che nel tuo cuore non domina l’amore ma tante altre cose, tanti giudizi ed egoismi, tanti spazi che non sono di Dio e che quindi tu per primo hai bisogno di aiuto, hai bisogno di affidarti ad uno capace di regnare, cioè di vincere tutto ciò che è in te milita contro l’amore, il dono di sé, il sacrificio e che soffoca in te la compassione. E in quel momento sei tu il mendicante perché sei tu che hai bisogno di aiuto per vincere in te stesso ciò che ti separa dall’alto. Il vangelo allora ci consola con l’annuncio che tra noi e l’altro, che lo sappiamo o meno, c’è sempre Cristo risorto. Magari non vediamo e non pensiamo che sia Lui che vive in quell’incontro, che si fa presente nella nostra storia, nell’eucaristia, nel povero. Eppure, è  Lui il pastore che nutre e conduce le sue pecore nella direzione del Regno di Dio, quando appunto Dio sarà tutto in tutti. Possiamo dire che in ogni incontro, dopo l’incarnazione, l’altro è Cristo. L’altro è Cristo non tanto in senso moralistico, perché tu senta il dovere di aiutarlo. L’altro è Cristo non perché tu lo aiuti ma perché lui ti salva. Credevi di aver fatto qualcosa per l’altro, credevi di aver fatto uno sforzo e scopri invece di aver ricevuto una grazia, di sentirti più vero e felice, più in comunione con gli altri e con Dio. Oppure resisti e rimani nella tua indifferenza credendo di bastare a te stesso e magari non ti accorgi della tua povertà, del tuo bisogno di salvezza.