Domenica 22 ottobre 2023 – XIX
Una delle cose che più colpiscono nel Vangelo di oggi è la reazione di coloro che volevano mettere Gesù in difficoltà. Di fronte alla sua risposta si meravigliano. Non si sentono umiliati oppure aggrediti. Al contrario sono costretti ad aprire gli occhi su una possibilità cui non avevano mai pensato prima e che potrebbe riempirli di gioia se solo superassero l’ultima resistenza di scetticismo che ancora li trattiene dal credere. Gesù mette in luce un’evidente distinzione, per nulla scontata in quei tempi, tra l’esercizio dell’autorità politica e l’esercizio dell’autorità religiosa. Egli mette in luce anche il fatto che è del tutto legittimo dare a Cesare quello che è di Cesare, cioè, partecipare responsabilmente alla vita sociale e politica, impegnarsi a migliorare la città terrena, servire per quanto possibile al bene comune senza distinzioni di razza, religione o cultura.
Ma non è solo questo che suscita stupore nei suoi ascoltatori. Gesù va oltre ed annuncia il suo Vangelo e cioè che Dio non mette tasse sulla vita. Dio ama gratuitamente. Di fronte a questo annuncio il cuore che crede si commuove e finalmente trova il suo riposo perché si sente abbracciato da un amore più grande di quello che meritiamo.[1] Oppure resiste a credere ma non può fare a meno di stupirsi per la novità dell’annuncio, come nel caso dei discepoli dei farisei. Esso ha delle implicazioni importanti. Se Dio ama gratuitamente il suo agire nella storia e nella nostra vita non si sottomette alle nostre previsioni e tantomeno ai nostri tentativi di manipolazione. Dio agisce in maniera libera e sovrana anche se sempre rispettosa delle persone e delle circostanze. Nel profeta Isaia Dio sollecita il re Ciro a dare la libertà ad Israele e ricostruire il tempio di Gerusalemme. E questo senza la colletta di alcuna tassa. La liberalità del re sarà un riflesso della liberalità di Dio.
Ciro non conosce il Dio d’Israele e non si rende conto di alcuna ispirazione divina, eppure è proprio il Dio di Israele che lo ha chiamato per nome e che lo conduce per mano. Dio, in effetti, può agire apertamente oppure segretamente, senza che noi percepiamo con evidenza la sua azione, eppure il suo agire rimane sempre efficace: “Non c’è nulla fuori di me. Io sono il signore e non ce n’è un altro.” Ma questa libertà sovrana di Dio non si sovrappone a quella dell’uomo. Dio, agendo nella storia, non prevede ma provvede. Il suo agire non è prevedibile ma provvidenziale. La sua libertà si allinea così naturalmente con la nostra libertà da darci spesso l’impressione che siamo solo noi che agiamo e che tutto dipenda dalle circostanze esterne. Quanta umiltà e misericordia vi è nel fatto che Dio possa dire: “Ti ho dato un titolo benché tu non mi conosca… ti rendo pronto all’azione anche se tu non sai che sono io ad aiutarti”. Questo agire nascosto ed umile di Dio ci ricorda che Egli non è un Dio che impone tasse. Al contrario è un Dio che libera e toglie i fardelli. Egli ama “sciogliere le cinture dai fianchi dei re e aprire tutti i battenti e nessun portone rimane chiuso”. Dio ama espandere la libertà degli uomini, non solo a livello sociale ma anche a livello molto personale.
Le tante le schiavitù che esistono nel mondo, infatti, sono un riflesso di quella schiavitù originaria che domina ogni cuore e che si esprime fondamentalmente come mancanza di gratuità. Il segno inconfondibile di questa schiavitù che domina il cuore è l’ipocrisia, cioè la tendenza a nascondersi dietro le apparenze perché non possiamo rischiare di essere noi stessi. Ma se non possiamo essere noi stessi noi non possiamo essere liberi. Non possiamo amare. Non possiamo parlare e agire proprio come Gesù, secondo verità e guardando gli altri negli occhi, senza paura. La mancanza di libertà interiore rende le relazioni ambigue, pesanti, dominate dal calcolo, dalla manipolazione, dalla mancanza di gratuità. In Gesù Cristo il Padre ci ha posto in una relazione nuova con Dio: “grazia – gratuità – e pace a voi”, dice Paolo ai Tessalonicesi. Al posto della tassa sul tempio Dio ci dona lo Spirito Santo che fa di noi un tempio. Noi sappiamo che siete stati scelti da Dio, continua San Paolo perché, quando abbiamo annunciato il Vangelo voi non vi siete limitati ad ascoltare parole ma avete aperto a Dio il cuore nella fede ed ecco che il suo Spirito Santo ha cominciato a vivere in voi. Per questo, continua San Paolo, le vostre opere non nascono più dalla paura o dal senso di obbligazione ma dalla fede. La vostra operosità è l’operosità della fede. Quando faticate non lo fate più per compiere una legge ma per amore. La vostra fatica è la fatica della carità. Quando sopportate il male, il dolore, non lo fate più nella rassegnazione ma nella pazienza di Cristo. La vostra sopportazione è la pazienza della speranza. La pazienza della Pasqua. Fede, speranza e carità sono l’immagine della Trinità scritta non su monete ma nel nostro cuore. A noi Dio chiede di offrigli ciò che in fondo lui stesso ci ha donato per primo. Così la nostra vita diventa testimonianza, la nostra testimonianza diventa missione.
[1] Rondoni D.