Domenica 30 aprile 2023 – Pasqua IV / a

L’immagine del gregge e del pastore illuminano questa domenica tradizionalmente dedicata alla preghiera per le vocazioni evocando immediatamente i valori della docilità e dell’obbedienza. Non di meno, nel suo discorso, Gesù comincia sottolineando innanzitutto il valore della libertà. Prima ancora di invitarci a seguirlo Gesù ci invita a riflettere in questi termini: Conosci qualcuno che ama la tua libertà? Ti accorgi che tanti vengono a te non attraverso una porta in maniera tale che tu possa decidere se aprire o meno, ma in tanti altri modi ingannevoli, come farebbe un ladro e un brigante? L’incarnazione, in tal senso, descrive il desiderio di Dio di venire a noi rispettando fino all’estremo la nostra umanità e quindi la nostra libertà e la nostra individualità. Quasi che facendosi uomo Dio potesse bussare alla porta del cuore di ciascuno, perché il portiere dell’ovile e’ appunto ciascuno di noi, e a ciascuno offrire una chiamata personalissima. Egli, infatti, conosce le proprie pecore e le chiama per nome. Pur essendo re e Signore non forza il suo ingresso ma entra attraverso la porta, per condividere la nostra vita e per custodire la nostra libertà. Il cuore dell’uomo lasciato a sé stesso, infatti, non può ritrovarsi libero perché esso non possiede la sua libertà. La desidera ma non la possiede. Al contrario, esso, invece che libero, si ritrova confuso, smarrito, spesso ingannato. Eravamo dirà Pietro come pecore senza pastore. Nemmeno le leggi, le regole, le ideologie, le spiritualità non sono capaci di sostenere questo suo desiderio di libertà. Il cuore dell’uomo ha bisogno di affidarsi ad un altro. Esso risponde ad una voce, ad una relazione personale, ad uno che lo ama in maniera così gratuita da potergli affidare la propria libertà. L’annuncio Pasquale allora è proprio questo Cristo è risorto. Egli vive e si fa presente nella nostra vita come il pastore si fa presente al gregge. Sappiano tutti con sicurezza, annuncia Pietro nel suo discorso, che Dio ha costituito Cristo e signore Gesù crocifisso. Lo sappiano con sicurezza, senza alcun dubbio o esitazione interiore. A Lui possiamo affidare la nostra libertà senza timori perché, secondo un mistero per noi inconcepibile, egli è il solo che ha amato la nostra libertà più della propria: disprezzato non disprezzava, oltraggiato non minacciava vendetta, portava su di sé la schiavitù del nostro peccato per renderci liberi, capaci di vivere secondo giustizia. Tutti gli altri, guru, sciamani, influencer, che non seguono questa logica che Cristo ha inaugurato non possono amare la tua libertà più della propria e quindi sono ladri e briganti. Siamo stati guariti non dalle teorie o dai superpoteri di Cristo ma dalle sue piaghe, dal suo libero sottomettersi alla sofferenza. Se dunque con l’incarnazione Gesù assume la nostra umanità ed entra in comunione con la nostra vita debole e impoverita, con la sua resurrezione egli diventa, lui stesso “la porta” attraverso la quale possiamo liberamente decidere di entrare in comunione con la sua vita forte, la sua vita risorta, la sua vita abbondante. Egli è la porta nel senso che diventa il tipo di uomo che occorre assumere per “uscire” da un tipo di vita che alla fine ti omologa a tutti gli altri, a questa generazione perversa, per trovare un pascolo nuovo, il nutrimento di una vita che è abbondante perché partecipa alla vita di Cristo. È il dinamismo della conversione: uscite da questa generazione perversa, salvatevi. Credi che la tua vita ora diventa eterna se affidata a Cristo. Devi imparare a riconoscerlo vivente innanzitutto nel tuo cuore dove risuona la sua voce. Quando la folla ascolta l’annuncio di Pietro e crede, immediatamente si sente trafiggere il cuore e sperimenta un desiderio di cambiamento, di novità: che cosa dobbiamo fare? Questa reazione non è tanto la risposta ad un rimprovero quanto ad una voce, una presenza, una vocazione. Non vi è tanto il senso di colpa, quanto la commozione. Non è tanto il dire: guarda cosa abbiamo fatto. Quanto piuttosto il dire: guarda cosa ha fatto Lui per noi. Se qualcosa raggiunge il tuo cuore e ti commuove non resistere. Aprilo a Cristo ed affida a Lui la tua vita e la tua libertà. Egli la valorizza facendoti uscire fuori dal recinto. In realtà Gesù dice che il pastore “butta fuori le pecore”. Il suo penetrare nel nostro cuore, infatti, e finalizzato a darci la forza per distaccarci, a volte dolorosamente, da noi stessi, dalle nostre false sicurezze, dalle nostre comodità, dalla nostra vita accomodata ma mai abbondante. Ci possono essere mille modi di rispondere a Cristo e quindi di vivere la vita come vocazione. Per tutti nondimeno la vocazione fondamentale rimane quella di mettere i propri passi sui passi di Gesù, di seguire il suo esempio e di compiere il suo passaggio, la sua Pasqua. Fare Pasqua con lui, significa entrare nella vita e in ogni situazione con la sua stessa logica di amore e di servizio. Senza più paura di amare fino alla fine perché non si ha più paura di soffrire e di morire. Piu rischi di uscire da te stesso e di entrare in questa porta che è Cristo risorto presente nella realtà che ogni giorno affronti più scopri che la promessa è per te. La promessa, cioè, dello Spirito Santo, che ti fa partecipare alla resurrezione di Cristo fin da questo momento.