Domenica 11 dicembre 2022 III avvento/A

La Parola di Dio di questa domenica, che e’ la domenica della gioia, un lato ci invita ad esultare per una salvezza che diventa sempre più vicina ed evidente, come nella profezia di Isaia dove gli zoppi saltellano di gioia e i ciechi riacquistano la vista; dall’altro essa ci invita insistentemente, soprattutto nelle parole di San Giacomo, a pazientare, a non aver fretta, a saper attendere qualcosa che supera ogni nostra attesa. Guardate il contadino, egli dice, come anche dopo la prima pioggia che irrora i campi non smette di attendere le ultime piogge, quelle che concludono la stagione e garantiscono la maturazione dei frutti. Così è per ogni cammino spirituale. Non bisogna accontentarsi dei primi risultati, adagiarsi sui piccoli successi di un momento. Quando il Signore ci dona un segno della sua salvezza nella nostra vita esso non ha ancora il valore di un compimento o di una conclusione ma serve piuttosto ad attivare nuovi desideri più grandi.

L’avvento mette in luce con più forza che mai che il tempo è grazia e che questa grazia, finché essa dura, ci rimette costantemente in cammino. Anche Giovanni il battista aveva sentito parlare dei grandi segni che Gesù compiva e probabilmente era abbastanza sicuro che davvero il tempo della salvezza era arrivato. Ma proprio per questo non poteva non domandarsi perché la sua prigionia continuava senza cambiamenti; perché la salvezza non raggiungeva una sua pienezza ponendo fine anche all’ingiustizia che egli stava vivendo. In fondo la domanda del battista è quella che può nascere nel cuore di tutti noi: perché se Dio si fa presente nella mia vita non risolve questa mia situazione? In fondo, più in generale, uno potrebbe domandarsi perché’ Dio non guaritrice tutti gli storpi e non resuscita tutti i morti e non risolve tutte le situazioni che attendono salvezza. La risposta sta nel fatto che mentre la salvezza in quanto tale dipende dalla volontà di Dio che è ferma e solida la nostra accoglienza della sua salvezza dipende da una volontà fragile e spesso contraddittoria.

Molti andavano nel deserto per vedere qualcosa. Alcuni cercavano una conferma al loro scetticismo pensando che Giovanni fosse un’altra canna scossa dal vento. Altri avevano grandi attese credendo di trovare uno vestito di porpora o comunque un grande profeta. Eppure, nessuno si e’ reso veramente conto che il battista era li non per essere visto ma per disporre la volontà di chi lo ascoltava con cuore sincero alla conversione ed all’accoglienza di una salvezza che non e’ da “vedere” ma da accogliere nella vita: rafforzate le mani stanche – dice Dio nel profeta Isaia – se vi è stanchezza nell’operare. Raddrizzate le ginocchia vacillanti se vi è esitazione nell’avanzare, e soprattutto aprite il vostro cuore alla speranza se vi è scoraggiamento, sofferenza, disperazione. Il Signore non cambia necessariamente tutte le circostanze ma nel deserto, laddove non sembra esserci un cammino, egli apre la via per un ritorno, per riorientare cioè una volontà che si era indebolita e persa in direzioni contrarie alla libertà e all’amore. Occorre credere allora che in qualsiasi deserto della nostra vita Dio può sempre aprire una strada e alla luce di questa certezza perseverare nei piccoli passi, insistere nel rimettersi in cammino ogni giorno, combattere tutto ciò che è pigrizia e soprattutto scoraggiamento, indebolimento della volontà. Gioia e felicita – continua Dio nel profeta Isaia – non stanno all’inizio, ma ti seguiranno se accetti la sfida di metterti in cammino.

Giacomo fa notare che chi impara veramente questa pazienza del cammino che è anche pazienza con sé stessi, pazienza con il fatto che noi e le situazioni cambiamo lentamente, impara anche ad essere paziente con gli altri. Per questo può dire: non lamentatevi gli uni degli altri e quindi non giudicate. Sapendo questo occorre essere vigilanti circa la possibilità di lasciarsi “scandalizzare”, di inciampare lungo questo cammino che non sembra immediatamente efficace e non corrisponde sempre alle nostre aspettative e previsioni. Anche se ci fossero grandi segni della salvezza di Dio nella mia vita essi vanno visti solo come una prima pioggia o una luce nelle tenebre che dispone il mio cuore ad accogliere ciò che mi supera e che supera le mie aspettative. Nella mia infinita impotenza, nel mio essere il più piccolo nel Regno dei cieli, sono chiamato a conservare un desiderio infinito, a credere che il più piccolo nel Regno è più grande dello stesso Battista. E questo nella consapevolezza che la salvezza viene spesso proprio al di là dello scandalo, al di là della mia debolezza e dell’umano fallimento.