25 settembre 2025 – XXIII domenica / c
Il libro della Sapienza ricorda che è difficile per l’uomo conoscere la volontà di Dio. La cosa non è secondaria se si riflette sul fatto che la volontà di Dio coincide con il bene della creazione e con la nostra felicità. La mancata conoscenza di questa volontà, continua il libro della Sapienza, implica che l’uomo sia timido nei suoi ragionamenti, incerto nelle sue decisioni, appesantito se non oppresso da mille paure e preoccupazioni e che quindi inevitabilmente sia incapace di salvare la sua vita. A questa situazione irrimediabile Dio risponde, conclude il libro della Sapienza, con il dono dello Spirito Santo. Per mezzo di esso vengono raddrizzati i sentieri degli uomini, i loro cuori vengono istruiti circa la volontà di Dio ed essi vengono quindi riportati alla comunione con Lui. Ora il dono dello Spirito Santo viene a noi in pienezza solo con la morte e resurrezione di Gesù Cristo.
Possiamo dire, allora, che Gesù ha fatto con noi quello che Paolo ha fatto con Onesimo. Tutti noi infatti, proprio come Onesimo, eravamo come schiavi ribelli che, incapaci di servire nella casa del padre, cercano la loro libertà lontano da essa. Invece della libertà, tuttavia, essi, come Onesimo, si ritrovano in una prigione, che per noi è la schiavitù del peccato. Ma è proprio in questa schiavitù che noi incontriamo Cristo fatto uomo come noi, proprio come Onesimo nella sua prigionia ha incontrato l’innocente San Paolo. E come Paolo rimanda Onesimo al suo padrone, così Cristo rimanda noi alla casa del padre; non più come schiavi sotto la legge ma, come direbbe lo stesso Paolo, più che schiavi, come fratelli amati di Cristo e quindi come figli nel figlio, figli del padre. Così, possiamo dire di noi quello che Paolo dice di Onesimo: separati dal padre per un tempo adesso siamo a lui restituiti per sempre. E noi che eravamo “inutili” per quanto riguarda il servizio di Dio diventiamo davvero utili, servi fedeli, cooperatori di Cristo, capace di corrispondere pienamente alla volontà del padre nella sua casa.
Tutto ciò getta una luce sul Vangelo. Seguire Gesù non è un’esigenza a noi imposta o un beneficio che noi procuriamo a Dio. Al contrario la sequela di Cristo è l’opportunità che Dio offre a noi per renderci capaci di accogliere lo Spirito Santo e rendere le nostre vite fruttuose. Questa opportunità supera di gran lunga ogni nostro merito o aspettativa ma proprio per questo esige di abbandonare la logica del “calcolo” – come il costruttore che si siede a contare i suoi mezzi – e scommettere veramente tutto su Gesù Cristo. Vedendo molta gente che lo seguiva Gesù si volta indietro e fa un discorso che solo il suo sguardo può rendere sostenibile. L’unico atteggiamento possibile nell’andare dietro a Cristo è quello di una fiducia totale e quindi della disponibilità di dare una precedenza assoluta a lui rispetto ad ogni altro bene, affetto o progetto personale. La vita dice Gesù, è costruzione ed è combattimento. Nessuno può essere sicuro di avere risorse per completare da solo questa costruzione o forze sufficienti per vincere la battaglia. Ogni umana costruzione, di fatto, è esposta al pericolo di rimanere inconclusa e quindi di suscitare il disprezzo di coloro che osservano. Ogni umana battaglia rischia di rivelarsi perdente e costringere a compromessi. Chi pondera seriamente queste verità cerca di appoggiarsi ad un altro più grande e più forte di lui e quindi si affida a Cristo come il solo che può dire alla fine della vita: tutto è compiuto. Dobbiamo imparare a pregare come il salmista: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani – non solo le grandi imprese ma anche la fatica umile del lavoro delle mani. Rendi salda Signore l’opera delle nostre mani.