Domenica 16 Febbraio 2025 – VI domenica / c

Dopo aver operato molte guarigioni la fama di Gesù si era estesa al di fuori della Giudea e attorno a lui si radunava una folla di gente che arrivava non solo da Gerusalemme ma anche da Tiro e da Sidone, città benestanti e pagane. A questo punto Gesù avrebbe potuto mostrarsi compiacente e fare facili promesse di benessere per attirarsi ulteriori simpatie. Al contrario proprio quando il suo ministero è al massimo del successo Gesù si rivolge ai discepoli con parole che rischierebbero di lasciare perplessi tutti. I ricchi perché minacciati di sfortuna, i poveri perché invitati a cercare un bene nella loro sofferenza. In realtà Gesù vorrebbe che imparassimo ad avere un discernimento sulla realtà che sappia vedere di più del bianco e nero. Non tutto ciò che sembra buono, in essa, è totalmente buono e non tutto ciò che sembra male è soltanto male. Pochi hanno questo discernimento. Anzi la massa delle persone si accontenta di correre dietro ai falsi profeti che dicono quello che loro vogliono sentire mentre disprezza e rifiuta i veri profeti che annunciano la volontà di Dio.

Questo sguardo riduttivo sulla realtà si traduce in una resistenza ad accogliere la volontà di Dio e quindi ha delle conseguenze dolorose sulla propria vita. Quando Gesù dice: guai a voi che avete tutto, che siete sazi e che ridete, non sta minacciando un castigo che verrà ma illuminando un pericolo che già c’è. Per comprendere questo occorre richiamarsi alle parole di Geremia nella prima lettura. In essa Dio si rivolge all’uomo forte, sicuro di sé, che confida nella carne al punto di poter fare a meno di Dio. Egli può anche sentirsi soddisfatto della sua vita perché non ne conosce un’altra. Ciò che non vede è il rischio molto serio di non “vedere il bene che viene”. Di non accorgersi che c’è una benedizione di Dio nella sua vita che supera di gran lunga la sua soddisfazione e che lui ha smesso di cercare. Il guaio dei ricchi e dei sazi, insomma, sarà la loro poca ricettività a ciò che vale di più e che è dato gratuitamente da Dio a coloro che sperano in lui.

Questa non ricettività all’amore di Dio è molto pericolosa non solo perché priva di un bene ma anche perché, poco alla volta, conduce all’aridità e alla durezza di cuore. Chi volge le spalle a Dio, infatti, inevitabilmente finisce per inseguire il mondo. Questi, recita il salmo, comincia a prestare l’orecchio al consiglio degli empi. Poi si incammina sulla loro via. E finalmente si siede con loro per condividere un progetto di vita che conduce alla rovina. Questo pericolo non riguarda solo i criminali. Giustamente San Paolo, nella lettera ai corinzi, parla di coloro che, pur credendo in Dio dicono che non c’è resurrezione, come di fatto accade oggi per la stragrande maggioranza dei cristiani. Sperano in Dio soltanto in questa vita. Dio in questa prospettiva, ha scritto qualcuno, è usato come una candela con la quale gli uomini cercano quello di cui hanno bisogno e una volta trovatolo buttano via la candela.  Pretendono di tirare Dio sul proprio cammino riducendo la vita di fede ad una ricerca di benessere temporaneo. L’altra vita è percepita come una consolazione lontana, ipotetica e astratta che non interessa. Ciò che conta è cavarsela in questo mondo.

Ora, insiste San Paolo, Cristo è risuscitato dai morti primo frutto di coloro che dormono. Primo frutto significa che la vita risorta che ci attende, pur non essendo ancora compiuta nella sua pienezza, è già attiva ed efficace. Quando Gesù dice di coloro che hanno fame, che piangono e sono rifiutati dalla gente che la loro ricompensa è nei cieli non vuole dire che essa è in un futuro ipotetico. Gesù sta dicendo che la loro ricompensa, la loro consolazione, la loro forza di vivere non verrà dalle circostanze ma da Dio che, in quelle circostanze si fa presente per mezzo della risurrezione di suo figlio. Tale ricompensa è nei cieli non perché è futura ma perché connessa con la vita risorta di Cristo. Paolo può dire che la nostra fede non è vuota oggi perché la resurrezione di Cristo è efficace oggi. Se Cristo è risorto egli è più forte della morte e per questa forza può aprire per noi un cammino di uscita dal peccato che della morte è una anticipazione.

Certo, chi crede e dà fiducia alla ricompensa che viene dal cielo, alla grazia, all’aiuto divino fatica come tutti in questa vita. Può anche soffrire e piangere alle volte ma sa con certezza che la dove si trova c’è anche la grazia di Dio, come un albero che assorbe acqua dalle radici sotterranee poste accanto ad un fiume. Egli medita giorno e notte i comandamenti di Dio, recita il Salmo, per poi accorgersi, conclude lo stesso salmo, che in realtà è Dio stesso che vegliava giorno e notte sul suo cammino.