Domenica XXXIX / B
Le parole che Dio rivolge ad Israele prima di entrare nella terra promessa, nel libro del deuteronomio, potrebbero parafrasarsi più o meno in questi termini: voglio che i tuoi giorni si prolunghino, cioè che tu sia soddisfatto del tempo vissuto; voglio che tu sia felice, che tu sia fiero di quello che hai realizzato; voglio che tu sia generativo e che tu sia libero, che tu viva nella tua terra e non in terra straniera. Ascolta, dunque, cioè, stammi vicino, stammi a portata di orecchio perché tu possa sapere qual è il cammino verso questa meta. Stammi vicino ed imparerai ad amarmi. Se uno riflette attentamente sulla propria esperienza concreta, si renderà conto che è più facile amare che farsi amare. Dio, dunque, nella relazione con noi si assume il compito più difficile e laborioso: quello di farsi amare. Vuole entrare nella nostra storia in maniera così graziosa e gratuita da suscitare in noi il desiderio di amare con tutto noi stessi, con tutta la nostra persona.
Questo ci assimila a Gesù che ha potuto offrire sé stesso perché ha messo l’amore al di sopra di tutto e al di sopra della sua stessa vita. Il comandamento dell’amore, dunque, esiste non come un dovere ma come un invito ad imparare ad amare da Dio stesso. Noi impariamo ad amare da Dio e non dalla nostra natura, dalle nostre esperienze sentimentali, dai romanzi. Il punto fondamentale è voler imparare, il decidere di mettersi in un atteggiamento di “ascolto”, di apprendimento. Ma questo non è scontato. Facilmente, per negligenza, distrazione, stanchezza, abitudine o anche per malizia ad ogni momento possiamo allontanarci da Dio e quindi dal desiderio di amare come Lui vorrebbe insegnarci ad amare. Il silenzio imbarazzato della folla alla risposta di Gesù rivela questa ambiguità del cuore umano che sa che l’amore è tutto e vorrebbe possederlo, ma non ha il coraggio e la forza di sceglierlo a “tutti costi” nelle circostanze concrete della vita.
Siamo tutti, in un certo senso, vicini al Regno di Dio ma esitiamo ad entrarci. Quando l’amore costa un qualche sacrificio normalmente ci tiriamo indietro. Eppure, ciò che nella vita è sperimentato come vero fallimento, in fondo è proprio la nostra fatica e alla fine la nostra incapacità di amare con tutto noi stessi. Con il cuore, con la nostra personalità e la nostra anima, con la nostra intelligenza e la nostra mente con la nostra volontà e quindi le nostre forze. Questo fallimento nell’amore delude, rattrista, umilia ed è alla fine sperimentato come una sorta di morte anticipata. La morte fisica che impediva ai sommi sacerdoti di rimanere nel loro ruolo di intercessori e quindi di garanti della comunione con Dio è anticipata da tutte quelle morti che ci impediscono di rimanere nell’amore. Il nostro amore muore come muore il nostro corpo inesorabilmente.
La buona notizia è che il figlio di Dio ha preso questo corpo mortale ed ha offerto sé stesso al padre trasformando così la morte nel luogo in cui massimamente si rivela e splende l’amore di Dio. Questo amore più forte della morte vive nel risorto il quale rimane per sempre, dice la lettera agli ebrei’ e può salvare perché può restituire a noi la vicinanza con Dio e quindi la capacità di amare. E questo il sacerdote di cui avevamo bisogno, continua la lettera agli Ebrei. Un sacerdote santo, che fosse più alto dei cieli, che ci ricongiungesse con la fonte dell’amore che è Dio e quindi che ci facesse entrare in quel Regno al quale potevamo anche avvicinarci ma senza mai metterci veramente piede. A noi è chiesto di avvicinarsi a Dio attraverso Gesù. Ma per mettere Gesù al centro dobbiamo mettere da parte il nostro ego sempre disposto a cercare nella piccola bugia la via di fuga dalla responsabilità.
Lo scriba del vangelo ascolta la conversazione tra Gesù e gli altri farisei con interesse perché cerca la verità. Egli pone la sua domanda ed offre la sua risposta a Gesù perché cerca la verità. Gioisce del fatto che Gesù risponde in verità perché lui stesso ama quella verità. La prima cosa che traspare da tutto ciò è che l’amore di Dio di cui parliamo non è mai separato dalla verità. L’amore senza verità è sentimentalismo è la verità senza amore legalismo. Il comandamento dell’amore è primo non tanto perché apre la lista degli altri comandamenti ma perché e la condizione per poter compiere tutti gli altri comandamenti. Il comandamento dell’amore è verità incarnata nella persona di Gesù che salva non i nostri piccoli amori, che spesso esprimono solo gusti soggettivi, interessi, attaccamenti passionali ma il nostro fallimento. E quando smettiamo di cercare noi stessi e cominciamo a cercare Gesù e la verità del suo amore, proprio allora cominciamo ad amare e arriviamo più in altro dei cieli, cioè ci avviciniamo a Dio.