Domenica 23 luglio 2023 – XVI /a

Il Vangelo di oggi è interamente dedicato ad una serie di parabole che descrivono il mistero del Regno di Dio. All’inizio del capitolo Gesù aveva associato il suo parlare in parabole all’esigenza di nascondere il mistero del Regno ai duri di cuore e agli increduli che non saprebbero apprezzarlo. Nei versetti successivi Gesù sembra cambiare prospettiva. Sempre richiamandosi al profeta Isaia Egli ricorda che attraverso le sue parabole, apparentemente così semplici e quotidiane, “egli sta rivelando cose nascoste dalla fondazione del mondo”.

Questa tensione che le parabole manifestano tra il nascondere e il rivelare non dipende tanto dall’ambiguità del loro contenuto quanto dallo sguardo interiore di coloro che le ascoltano. Se questo sguardo interiore non si abitua a riconoscere la presenza del mistero nella realtà e nella storia non arriverà mai a vedere in esse di più di quello che le povere osservazioni e i deboli ragionamenti umani riescono a dedurre. Non a caso la prima lettura ci ricorda che, se uno rimane ancorato a questo sguardo piatto, riduttivo, pseudo-scientifico sulla realtà alla fine non potrà che accusare Dio di ingiustizia. Solo la sapienza che viene dall’alto abilita l’uomo a guardare la realtà in profondità, non per giudicarla, per trovare il perché di tutte le cose, per raddrizzare tutte le storture di questo mondo ma piuttosto per assumere una qualità particolare del cuore di Dio: quella di essere amante degli uomini. Di tutti gli uomini, così come essi sono, anche degli ingiusti, che egli vorrebbe condurre al pentimento con la dolce speranza del perdono.

San Paolo sembra confermare l’inadeguatezza del nostro sguardo sulla realtà, e perfino su noi stessi, quando ci ricorda che lo Spirito Santo è dato non alle nostre capacità ma alla nostra debolezza. È questa debolezza è tale che noi non sapremmo nemmeno che cosa sia conveniente domandare, cercare, desiderare. È lo Spirito allora che intercede in noi con gemiti inesprimibili. Non con parole, dunque, ma attraverso una tensione, un combattimento interiore, uno sforzo sinergistico tra noi e lo spirito che guarisce, illumina, fa crescere e gradualmente e misteriosamente porta il nostro cuore e conformarsi al cuore di Dio. E ci insegna ad essere amanti degli uomini, amanti della vita, amanti del bene.

Le parabole del Vangelo, allora, non sono tanto una spiegazione di cosa sia il Regno di Dio quanto una descrizione di questo “gemito inesprimibile” che esprime come Dio agisce nei nostri cuori e nel cuore del mondo, non in modo clamoroso ma discreto, umile, misterioso. Il Regno non si realizza tanto in eventi puntuali, Esso, piuttosto, attiva processi il cui compimento si rivelerà solo alla fine, come quando viene il tempo del raccolto. Il Regno è come una presenza nascosta, così intimamente immedesimata con la realtà quotidiana da rimanere quasi indistinguibile da essa, come il lievito non si distingue dalla pasta. Eccetto per il fatto che è proprio il lievito che fa lievitare il tutto. Il Regno è ancora come un piccolo seme. Questo viene gettato nel terreno quasi distrattamente e casualmente da qualcuno. Ma ecco che esso cresce e si sviluppa e si rivela utile al di là di ogni utilitarismo o pianificazione umana perché offre ombra e dimora agli uccelli del cielo. L’immagine sembra riferirsi a quegli eventi spesso non cercati e non previsti dagli uomini, che comunque arricchiscono la storia dell’umanità e spesso si rivelano inaspettatamente utili, fruttuosi, determinanti. Basti pensare alla caduta del muro di Berlino, alla fine dell’apartheid in sud africa etc.

Tutte queste parabole, insomma, ci ricordano che la presenza del Regno nella storia è verificabile ma non interpretabile o classificabile secondo categorie, previsioni, calcoli soltanto umani. In particolare, Gesù si sofferma sulla parabola della zizzania. In essa egli mette in rilievo che nella storia non interagiscono soltanto la volontà di Dio e quella dell’uomo ma anche la volontà cattiva di un nemico. Questo complica le cose soprattutto quando si cercano le responsabilità e i rimedi per i mali della storia. Gesù, inoltre, ci ricorda che molte cose avvengono di notte, quando tutti dormono, eccetto il nemico che agisce e il padrone del campo che sa quello che accade. Siamo noi che dormiamo e che non possiamo tutto capire e controllare. Ed infine Gesù ci ricorda che il nostro compito non è quello di eradicare il male ma di contenerlo e possibilmente di impedirgli di prevalere sul bene.

Questo vale tanto per la storia del mondo, in cui bene e male interagiscono, quanto per la storia del nostro cuore dove luci e ombre probabilmente coesisteranno fino alla fine dei tempi. A noi non è dato di determinare le sorti del mondo ma possiamo imparare ad affrontare la realtà ed ogni circostanza, anche avversa, con la certezza interiore che nonostante tutto si sta realizzando il Regno di Dio. In tal senso il gemito dello spirito santo sarà la nostra resilienza dinanzi a tutto ciò che vorrebbe scoraggiarci e riportarci alla triste considerazione che nella realtà non c’è nulla oltre l’evidenza.