21 maggio 2023 ascensione

Negli Atti Luca ricorda a Teofilo come abbia scritto tutto ciò che Gesù fece ed insegnò fino a quando non fu elevato al cielo. Questa annotazione suggerisce che Colui che è salito a cielo è lo stesso che uomo che aveva condiviso la vita dei suoi discepoli sulla terra e che questa sua ascesa al cielo piuttosto che una separazione deve essere considerata una modalità nuova di essere in comunione con loro.  Nei 40 giorni che precedettero l’ascensione, infatti, Gesù si mostrò vivo ai suoi discepoli con molte prove, proprio per abituarli a conservare il ricordo e la consapevolezza che egli è sempre in mezzo a loro. Le sue ultime parole rassicurano i discepoli che, proprio grazie all’ascensione, la sua comunione con loro supera i confini sia dello spazio che del tempo: andate fino ai confini del mondo sapendo che dovunque andiate io sono sempre con voi fino alla fine dei tempi.

Questa assicurazione di Gesù getta una luce particolare anche sulle parole degli angeli subito dopo l’ascensione: uomini di galilea perché guardate il cielo? Gesù è stato sottratto definitivamente al loro sguardo esteriore. Ma non alla loro compagnia. Non c’è ragione di guardare il cielo perché il ritorno di Gesù tra noi, piuttosto che un’apertura del cielo, sarà un’apertura degli occhi o meglio ancora dello sguardo interiore. Quell’assenza o quel vuoto che a volte sperimentiamo nel nostro cammino di fede per il fatto di non avere molte evidenze o molte certezze “visibili” diventa lo spazio per la fede e quindi per accogliere quello Spirito che San Paolo descrive come spirito di sapienza e di rivelazione che ci permette di conoscere il Cristo in maniera più profonda.

Questo Spirito può illuminare gli occhi del nostro cuore e quindi guarire il nostro sguardo interiore in maniera tale che possiamo renderci conto di quale speranza ci è donata, quale ricchezza di gloria ci attende e quale potere Gesù esercita nella nostra vita e nella nostra persona. In altre parole, ciò che i discepoli cercavano con gli occhi nel cielo, dobbiamo trovarlo con il cuore nella nostra vita perché l’ascensione di Gesù è per tutti noi e non solo per Lui.  L’ascensione di Gesù parla al nostro cuore circa il fatto che il nostro destino supera ogni più grande speranza umana, circa il fatto che il nostro valore non è una qualsiasi ricchezza che possiamo accumulare su questa terra ma una gloria da ereditare e circa il fatto che la stessa energia divina che ha ridato vita al corpo di Cristo nel sepolcro adesso opera potentemente a nostro favore in ciascuno di noi che crediamo in lui.

Questo discorso può sembrare molto astratto e molto distante dalla nostra esperienza quotidiana soprattutto se pensiamo a quella tristezza e a quel vuoto che affliggono sempre più persone già nell’età dell’adolescenza.  Significativamente Matteo fa notare che perfino gli 11 apostoli, mentre si inchinavano in adorazione prima che Gesù salisse al cielo, dubitavano. Non si dice di che cosa. Forse dubitavano del fatto che egli fosse veramente Dio. Oppure al contrario dubitavano proprio del fatto che egli fosse pienamente uomo. Può, in effetti, un uomo salire al cielo? noi siamo abituati a pensare al cammino dell’uomo come un’evoluzione, magari una graduale maturazione, ma sempre nell’ordine della natura. Piuttosto che riconoscere un miracolo si preferirebbe rimandarne la spiegazione a quando ne sapremo di più.

In tal senso l’ascensione è il miracolo definitivo perché essa descrive, non un’evoluzione, ma un salto della nostra natura umana, dalla sua condizione terrena a quella celeste. Credere che colui che si innalza al di sopra di ogni autorità, di ogni potere, di ogni creatura esistente fino a sedere alla destra di Dio sia un vero uomo come me, con un vero corpo come il mio, fa venire le vertigini oppure lascia nello scetticismo più incredulo. Eppure, l’ascensione non annuncia nulla di meno. Essa ci ricorda che Gesù, essendo Dio, si è abbassato ed ha vissuto con noi come vero uomo e adesso, essendo uomo, e’ stato innalzato e vive con Dio come vero Dio; e soprattutto ci ricorda che con la sua morte e resurrezione Gesù ha innalzato la creatura umana al di sopra delle sue possibilità naturali. Anche la nostra natura umana, ogni creatura umana, non è destinata semplicemente ad evolversi più o meno felicemente a seconda delle circostanze. Essa è destinata a compiere un salto che la unisce alla natura divina, la immerge nel mistero della comunione trinitaria.

Nella misura in cui gli occhi del nostro cuore si aprono per riconoscere più profondamente il Cristo essi ci permettono di conoscere più profondamente anche noi stessi ed ogni uomo. Vedendo il Cristo seduto alla destra del Padre vediamo la nostra dignità e il valore di ogni esistenza, troviamo il coraggio di resistere al male ed ai poteri forti che sembrano dominare il mondo, impariamo ogni mattino ad abbracciare la nostra giornata, non come una casualità o una realizzazione isolata, ma come parte di un grande disegno, espressione di Colui che si realizza pienamente in tutte le cose.